Prima Pfizer-BioNTech, poi AstraZeneca hanno comunicato che non saranno in grado di fornire le dosi dei rispettivi vaccini secondo quanto annunciato e promesso.
Pfizer ha ridotto di oltre il 30% le dosi all'Italia dopo solo due settimane dall'avvio del piano di vaccinazione che prometteva di rispettare gli impegni presi dal governo.
Il ritardo non riguarda solo l'Italia ma l'intera Europa, e la Big Pharma si nasconde dietro la scusa di adeguamenti dell'impianto di produzione di Bruxelles. Come dire, "abbiamo sbagliato i calcoli, stiamo cercando di rimediare".
Ancora più grave e beffardo il caso di AstraZeneca che, prima di distribuire le dosi promesse - l'autorizzazione dell'agenzia europea è prevista entro fine gennaio - ha annunciato un taglio del 60% sulle "prevendite" del primo trimestre 2021.
Uno scandalo vero e proprio, doppiamente odioso se si pensa agli entusiasmi e alle speranze suscitate un mese fa e alla tragica realtà della pandemia che dilaga a ritmi ancora più veloci in questi giorni.
In tutto il mondo si stanno per superare i 100 milioni di infettati e 2,2 milioni di morti (numeri ufficiali ampiamente sottostimati)
Negli USA la media giornaliera di morti si attesta tra i 3500 e i 4000, mentre le nuove varianti di coronavirus fanno strage in Europa e in particolare in Gran Bretagna dove si assiste al paradosso del picco di contagi e decessi nel paese che ha iniziato per primo la vaccinazione di massa e ha superato i 4 milioni di vaccinati.
Più si vaccina e più si muore, sembra un paradosso ma probabilmente è l'effetto dell'euforia iniziale di cui avevo lanciato l'allarme.
L'ottimismo di massa sulle vaccinazioni ha abbassato le difese individuali, ha indotto molti ad adottare atteggiamenti meno prudenti. "Tanto poi mi vaccino ..."
Anche l'aumento del numero di varianti del SARS-CoV-2 è riconducibile alla maggiore circolazione del virus, secondo un banale calcolo matematico che lega la probabilità di mutazioni genetiche all'aumento della numerosità di infettati con il trascorrere del tempo.
La comparsa delle varianti, dalla Gran Bretagna al Sudafrica, dal Brasile al Giappone, dall'Italia alla Danimarca, fa dubitare ancor più della facile euforia sui vaccini.
Funzioneranno? oppure sarà necessario riprogrammare la composizione dei vaccini già in produzione ? e con quali tempi e rallentamenti?
Possibile che i grandi scienziati delle aziende farmaceutiche non avessero previsto la possibilità dell'insorgere di varianti del coronavirus? E nessuno si era posto queste domande mentre i prezzi delle azioni di Pfizer, Moderna, AstraZeneca, Sinotech schizzavano in tutti i mercati finanziari?
Politici e governanti sono passati dall'esaltazione alle minacce legali, dopo aver avallato l'illusione nel periodo natalizio.
I tempi dei Tribunali sono lunghi e incerti, e il coronavirus non aspetta le sentenze.
Sarebbe molto più utile che i governi pretendano chiarimenti scientifici, verità trasparenti e valutabili nelle sedi opportune.
Perchè l'impatto devastante della pandemia sulla società e sull'economia non può essere contrastato con l'opacità che circonda in questa fase i vaccini.
Nasce e si rafforza un dubbio tremendo: la strategia dei vaccini su cui tutto il mondo ha fatto affidamento era davvero l'unica per combattere SARS-CoV-2?, oppure era più conveniente e vincente puntare di più sui farmaci e anticorpi monoclonali?
Al punto in cui siamo, all'inizio del secondo anno della pandemia, un piano vaccinale che si prevedeva essere efficace dopo l'estate 2021 prima dei ritardi palesati, di quando sarà allungato?
La speranza di uscire dal tunnel viene posticipata al 2022?
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COVID-19, VARIANTI, FALLIMENTO DELLA SCIENZA E DITTATURA SANITARIA
E' passato Natale, e SARS-Cov-2 imperversa nonostante lockdown e vaccini.
All'euforia del Vax-Day sta di nuovo subentrando, in tutto il mondo, la disperazione, il pessimismo, la rabbia per l'impotenza finora dimostrata nell'uscire dal tunnel del coronavirus, dalla scia di sofferenze, dolori, drammi esistenziali che da un anno ci portiamo dietro.
I numeri della pandemia nel mondo superano ogni giorno i record precedenti. Negli Stati Uniti nelle ultime 24 ore sono morte quasi 4000 persone, 1000 in Germania, Gran Bretagna, Brasile, Messico.
In Italia la media si è assestata, per modo di dire, oltre i 500 decessi al giorno, nonostante le zone a colori, i lockdown, la chiusura delle scuole e dei luoghi di raduno.
Da qualche giorno, oltre agli indici di diffusione e letalità del coronavirus a cui le cronache ci hanno abituati, si cominciano a dare i numeri sulle "varianti" in circolazione. Dopo la variante inglese, è stata scoperta quella sudafricana, è stata ripescata quella bresciana, e ancor prima quella dei visoni di Danimarca. E poi quelle in Brasile, forse in Francia ...
Più cresce il numero delle varianti scoperte più diminuisce la fiducia nella possibilità che i vaccini, Pfizer, Moderna, Astrazeneca, Sputnik & C. possano essere efficaci e utili per sconfiggere il coronavirus, lasciandoci praticamente senza armi e senza munizioni proprio nel mezzo della guerra.
Inizia a serpeggiare lo scoramento, la frustrazione, e le critiche alla strategia di guerra finora condotta in quasi tutti i paesi.
Mezze misure come nel caso dell'Europa, o quasi nessuna come negli Stati Uniti e in India o ancora peggio in Brasile e Russia.
Tutti confidavano che con il passare del tempo, l'arrivo dei vaccini e qualche blanda misura - mascherine, distanziamento - il peggio sarebbe passato e si sarebbe potuto tornare al normalità, soprattutto economica e politica.
Così non è, in questo scorcio d'inizio 2021.
Qualche giorno fa, tornando dalla campagna, mi sono fermato ad un chiosco lungo la strada per mangiare un panino. Ho chiesto al gestore del locale di poter mangiare seduto ad un tavolino all'interno, anzichè in auto. C'eravamo solo io, lui e un altro avventore a debita distanza.
Il gestore non mi ha fatto nemmeno terminare la richiesta, e ha iniziato ad inveire contro la "dittatura sanitaria" imposta dal governo con la scusa del coronavirus.
Aveva l'aria di una persona colta ed educata, non quella di chi cerca di sfogarsi rozzamente contro tutto e tutti. Con calma, dopo averlo ascoltato, gli ho chiesto: "Lei cosa avrebbe fatto al posto dei governanti? quale misura avrebbe adottato per evitare di ammalarci tutti quanti?".
E' stato in silenzio per qualche secondo, poi, senza rispondere alla mia domanda, ha iniziato ad elencare le misure più controverse e inefficaci, come quella di chiudere i bar alle 18, il coprifuoco dalle 22 ecc .
Critiche sacrosante alle "mezze misure" che hanno risolto poco e scontentato molto.
Non avevo granchè da obbiettare, ma gli ho solo fatto notare che al posto della "dittatura sanitaria" sarebbe stato più giusto parlare di "fallimento degli scienziati" a cui i politici di tutto il mondo, chi più chi meno, hanno delegato la responsabilità della guerra al coronavirus.
Non mi riferisco agli pseudomedici negazionisti da cui non ci si aspetta che bugie, ma a quelli più capaci e sensibili nel cogliere i rischi della pandemia per la salute e la stabilità sociale, i tanti onesti "dottor Fauci" di ogni paese.
In qualche modo sono loro che hanno fallito nel convincere i politici ad adottare misure tempestive, rigide ma condivise, delineando i rischi immediati e futuri a cui la società, l'economia, la stabilità politica andava incontro se si fosse agito diversamente.
Pensavo e penso al pneumologo ed epidemiologo Zhong Nanshan, 84 anni, noto come «l’eroe della Sars» che in Cina è riuscito a convincere un recalcitrante Xi Jinping ad adottare immediatamente le chiusure delle regioni più a rischio a cominciare da quella di Wuhan, dopo si recò personalmente per prendere visione diretta di quanto stava accadendo negli ospedali e tra la gente.
Zhong Nanshan, di fronte ai dirigenti del partito comunista che parlavano di "poche decine di casi sotto controllo" capì immediatamente di cosa si trattava e di quali fossero i rischi di diffusione.
Sapeva che l'algoritmo dei coronavirus all'inizio crea l'illusione di un fenomeno lento e limitato, quindi controllabile.
Sapeva che l'equazione invece era esponenziale, che non esistevano nè farmaci nè vaccini, e che la trasmissione da uomo a uomo era velocissima nel trasferire i virus da un capo all'altro del mondo.
Quando Zhong Nanshan tornò a Pechino andò direttamente da Xi Jinping per esprimere le sue preoccupazioni e stabilire un piano di azione.
Mi immagino la reazione del dittatore quando lo scienziato gli ha detto che bisognava chiudere tutto e tutti. Fermare un paese di 1.500 milioni di abitanti è roba da matti, l'dea di un folle.
Ma Zhong Nanshan ha usato un solo argomento per convincere Xi. "Se non chiudiamo tutto e tutti, tra due mesi la folla inferocita e malata verrà a morire davanti al vostro palazzo. Sarà la fine della Cina e del nostro regime, tutto sarà spazzato via dalla rabbia e dalla paura. Non c'è alternativa. Chiudere ora per essere sicuri di riaprire domani. Punto. Non avete altra scelta, se ci tenete all'unità della nazione."
Xi Jinping ha capito che il suo regime era in pericolo, ha chiesto di graduare le misure, di ammorbidirle, ma Zhong Nanshan è stato fermo sulle sue posizioni, tranne mediare sul modo di rappresentarle all'opinione pubblica.
Ha suggerito l'utilizzo dell'esercito, la mistica dei medici che vanno in guerra, è stato lui probabilmente a consigliare l'autocritica per come era stato trattato Li Wenliang, il medico eroe di Wuhan, morto di Covid dopo essere stato minacciato dalla polizia per aver denunciato gli "strani casi di polmonite".
La Cina, pur moltiplicando per 10 i dati ufficiali accomodati e sottostimati, finora se l'è cavata grazie alla "dittatura sanitaria" di Zhong Nanshan. Da noi ogni paragone è inappropriato.
La gestione politica della pandemia in Italia e in Europa è stata invece influenzata da un'altra preoccupazione: l'economia e la complessa macchina delle relazioni socio-economiche.
In mancanza di un Zhong Nanshan esperto ed autorevole, i governanti si sono affidati a pletore di consiglieri, medici, specialisti, magari anche bravi, ma frammentati e costretti a discussioni interminabili con i loro omologhi di orientamento diverso.
L'Italia della prima ondata se l'è cavata un pò meglio di altri, ad esempio Gran Bretagna e Spagna, solo grazie alle parziali impuntature del ministro della Salute Roberto Speranza, che però non ha retto oltre la primavera. Arrivata l'estate è arrivata anche l'euforia basata sulla presunzione che tutto fosse finito. Poche decine di casi di contagio, pochi morti.
Nessuno ha pensato di fare come in Cina, dove le misure di Zhong Nanshan, pur modulate, erano finalizzate ad azzerare (non a ridurre) contagi e morti.
Ci siamo assuefatti ad una gestione politica e pseudoscientifica della situazione pandemica.
Si riempiono telegiornali, talk show, crisi di governo, scrutando le oscillazioni quotidiane dei numeri come base di ogni misura futura.
E adesso siamo preoccupati per le "varianti". Questo coronavirus è proprio scorretto, gioca "sporco", si mette mutare ogni giorno in modo da farsi beffe delle speranze e dei vaccini.
Gli pseudoscienziati che ora scoprono il fenomeno delle "varianti" forse dimenticano che anche noi esseri umani siamo il frutto del fenomeno primordiale delle mutazioni, siamo dei virus mutati nel corso di centinaia di milioni di anni.
Quindi perché stupirsi se il coronavirus, saltando da un miliardo all'altro di esseri umani, cambia e si "perfeziona" in quella che è la sua attività principale, cioè riprodursi.
Gli scienziati che hanno deciso di affidarsi alla strategia dei vaccini, in tempi rapidi, investimenti massicci e tecnologie strabilianti, ignoravano il fenomeno delle mutazioni dei coronavirus? No di certo.
Hanno imboccato la strategia del vaccino, mettendo in secondo piano quella dei farmaci, con tutte le conseguenze che questa decisione scientifica e politica comporta.
Nel mondo globale per immunizzarsi in maniera efficace contro il coronavirus - almeno per 12 o 18 mesi - è necessario vaccinare dai 4 ai 5 miliardi di individui.
Un'impresa titanica, che richiede sforzi organizzativi e tempo, e probabilmente è destinata al fallimento, perchè si basa sull'assunto che il virus non cambi molto nei prossimi mesi e anni.
Ci si illude che con il vaccino si possa realizzare una sorta di guerra lampo al SARS-Cov-2, il quale invece si prepara a resistere molto più a lungo, come è scritto nel software di ogni sequenza di aminoacidi.
La strategia vincente contro il coronavirus invece dovrebbe partire da un'altra considerazione, premesso che è impossibile replicare su scala globale "la dittatura sanitaria" realizzata in Cina.
E' necessario concentrare sforzi e risorse sul versante delle medicine che possano curare gli effetti di COVID-19.
Posso anche contagiarmi, ma se ci sono dei farmaci adatti non dovrò preoccuparmi nè per la mia salute nè per quella altrui.
Se il SARS-Cov-2 si endemizza e diventa l'ennesimo coronavirus da cui difendersi nelle stagioni fredde, l'unica cosa da fare è curarsi con le medicine, lasciando al vaccino annuale solo la copertura dei soggetti a rischio.
Ma le medicine per COVID-19 devono essere inventate, non piovono dal cielo.
Mentre scrivo questo post, leggo un articolo su Repubblica del microbiologo Antonio Cassone, in cui si parla dello studio svolto dal gruppo di ricerca di Rino Rappuoli:
"... questi Autori dimostrano che plasma iperimmune di soggetti guariti dall’infezione da Sars-CoV-2, messo a contatto con il virus in colture cellulari in vitro, ne neutralizza completamente le capacità di infettare ed uccidere le cellule, come ci si aspetta, ma solo per un certo tempo. Man mano che il contatto anticorpi del plasma-virus continua, la capacità neutralizzante degli anticorpi diminuisce fino a perdersi totalmente. dopo un paio di mesi di contatto."
... Messo, per cosi dire, alle strette dalla pressione selettiva degli anticorpi, Sars-CoV-2 dimostra la sua capacità di evolvere per adattarsi alla nuova situazione e continuare ad infettare."
Mi sembra che sia la conferma dei dubbi espressi.
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Covid: a sei mesi dall’infezione il 76% dei pazienti ha ancora almeno un sintomo
da Repubblica
A sei mesi dall’esordio della malattia i ricercatori hanno notato un crollo del 50% rispetto ai livelli riscontrati al picco dell’infezione, e questo potrebbe significare che quello delle reinfezioni in futuro potrebbero rivelarsi un problema fin troppo concreto. “I dati raccolti negli ultimi mesi, in effetti, sembrano indicare che l’immunità al virus dura per non più di 6/12 mesi in caso di infezioni naturali”, conclude Remuzzi.
I vaccini
“Nel caso dei vaccini ovviamente la situazione è differente, e serviranno studi ad hoc nei prossimi mesi per capire quanto a lungo durerà l’immunità indotta con questo mezzo. La speranza ovviamente è che l’Italia possa contribuire a questo genere di ricerche, così come a quelle indirizzate a comprendere gli effetti a lungo termine della malattia nei pazienti più gravi, quelli ricoverati in terapia intensiva, che nello studio dei colleghi cinesi rappresentavano una percentuale troppo piccola per fornire dati affidabili”.
COME STA CHI E' GUARITO DAL COVID-19 ?
https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(20)32656-8/fulltext
Quali organi del corpo umano, oltre ai polmoni, vengono attaccati e danneggiati ?