Stati Uniti accusano Mohammed bin Salman per l'omicidio Khashoggi
il trailer di "The Dissident"
The Dissident
Accolto con una standing ovation al Sundance Film Festival 2020, la storia dell’omicidio del giornalista del Washington Post Jamal Kashoggi ricostruita dal premio Oscar Bryan Fogel. Finanziato dalla Human Rights Foundation, un documentario sconvolgente, un’indagine dettagliata che mette a nudo le colpe del regime saudita e che commuove portando sul grande schermo la vicenda umana, oltre che politica, del grande giornalista.
aggiornamento 24 febbraio 2021, Il presidente Biden oggi telefona al re Salman dell'Arabia Saudita per avvisarlo che la CIA pubblicherà un rapporto sull'omicidio del giornalista Jamal Khashoggi, in cui è coinvolto "uno dei figli del re". Si tratta del principe MBS, Mohammad bin Salman, l'amico rinascimentale di Matteo Renzi?
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Sono grato a Roberto Saviano che dalle pagine del Corriere della Sera - provate a indovinare perchè ha lasciato il gruppo GEDI di Repubblica - mi ha segnalato una storia che merita di essere raccontata, perchè importante da molti punti di vista, ancor più da quando in Italia abbiamo scoperto che esistono amici e "consulenti" del regime saudita che non si vergognano di esserlo.
La storia è quella del docu-film su Jamal Khashoggi, intitolato The Dissident, regia di Bryan Fogel, vincitore Oscar con Icarus.
The Dissident è la ricostruzione dell'assassinio del giornalista saudita che ha pagato con la vita le opinioni espresse sulla famiglia reale al potere a Ryad ed in particolare sul principe Mohammed bin Salman, diventato negli ultimi anni il despota assoluto dell'impero petrolifero.
Scrive Roberto Saviano:
"... voglio dirvi innanzitutto che Jamal Khashoggi è stato ucciso perché è il giornalista che ha fissato negli occhi tutto il denaro del mondo, il denaro che viene dal «veleno nero»: il petrolio. A Jamal hanno tagliato le braccia, le gambe, la testa; lo hanno segato in due, gli hanno fatto a pezzi il busto. E lo hanno fatto dentro un consolato. Bryan Fogel è il regista che ha costruito questo documentario, che ha messo insieme i pezzi di una vicenda che, come lui stesso mi dice, sarebbe «un caso facile da risolvere». Un caso facile eppure, come sempre accade, nel tempo che intercorre tra la scomparsa di Khashoggi, la scoperta della sua morte e l’indagine sulle motivazioni «emergevano storie secondo cui Khashoggi faceva parte dei Fratelli Musulmani, aveva legami con i terroristi, era un simpatizzante di Al Qaeda». Tutte falsità che avevano l’unico scopo di screditarlo e occultare la verità dei fatti. Di impedire che qualcuno si imbarcasse nella ricerca della verità dei fatti. E la verità dei fatti risiedeva nella «maniacale vocazione del principe ereditario saudita (Mohammed bin Salman, ndr) a distruggere chiunque danneggi la sua reputazione».
Ma la verità dei fatti — continua Fogel — è anche un’altra e con questa tutti noi dobbiamo fare i conti: «le Nazioni Unite, gli Stati Uniti e l’Europa non hanno mosso un dito. Alla fin fine, la ricchezza della monarchia saudita e il suo petrolio vengono prima di qualunque principio di giustizia o autorità morale».
Netflix e Amazon si sono rifiutate di distribuire il film di un regista come Bryan Fogel, una garanzia di qualità e redditività.
Perché?, si chiede Saviano, e l'unica risposta plausibile è quella che conduce all'immenso potere di condizionamento che hanno i soldi del regime saudita. Soldi con ramificazioni politiche e affaristiche capillari e distribuite in tutto il mondo, come la recente vicenda della "consulenza rinascimentale" di Matteo Renzi al principe bin Salman dimostra.
The Dissident, la storia dell'omicidio del dissidente Jamal Khashoggi, può essere visto da oggi 12 febbraio nella versione italiana su MioCinema, la piattaforma digitale dei film di qualità.
Perché una storia come quella di Khashoggi ha attirato l'attenzione di un regista famoso?
E' la domanda che si fa lo stesso Saviano:
Raggiungo Bryan Fogel e gli chiedo come sia arrivato a occuparsi di Jamal Khashoggi.
«Stavo cercando un nuovo progetto dopo Icarus (documentario premio Oscar nel 2018, ndr) e nell’omicidio di Jamal ho visto una storia sulla libertà di stampa, sulla libertà di parola, sulla libertà di giornalismo, sulla libertà di pensiero, sulla libertà di opinione. E su un giornalista del Washington Post di 60 anni, assassinato per aver detto cose vere ai potenti ed essersi espresso a sostegno del suo paese affinché diventasse un luogo migliore dove vivere per tutti i suoi concittadini». Il documentario è potente, girato con rigore, a due anni e quattro mesi dall’assassinio di Jamal non è ancora stata fatta giustizia sono state accertate le responsabilità per l’omicidio Biden sta contemplando di intraprendere azioni che speriamo realizzerà, Bin Salman ha condannato a morte i sicari di Jamal nella classica e nota strategia di mandare a uccidere e poi eliminare l’esecutore per impedirne la ricostruzione dei mandanti.
E guardando il documentario si inorridisce a ricordare le parole di Renzi che definisce Bin Salman leader del rinascimento saudita, lo stesso uomo che ha finanziato la repressione di migliaia di giovani che diedero vita alla primavera araba. «Sono in disaccordo con i commenti di Matteo Renzi — dice Fogel — riguardo al Regno durante la sua recente visita (in Arabia Saudita, ndr) e credo che anche i cittadini italiani probabilmente concordino con me».
I cittadini italiani non solo dovrebbero concordare con Bryan Fogel, ma dovrebbero anche chiedersi se la rete di potere di bin Salman in Italia sia rappresentata solo dallo "sceicco di Rignano" o anche da altri personaggi e centri di potere.
Matteo Renzi va in giro a raccontare di aver fatto fuori Giuseppe Conte dopo essere stato ispirato da un "disegno strategico". Un disegno di cui qualcun altro era l'autore e altri ne erano a conoscenza da tempo.
Gli italiani dovrebbero cominciare a chiedere a gran voce al neo Presidente del Consiglio Mario Draghi se era a conoscenza, da almeno un anno, del disegno strategico di cui si vanta Matteo Renzi.
Draghi ne era già a conoscenza quando lo scorso anno discettava su "debito buono e debito cattivo" dalle pagine del Financial Times?
E Mario Draghi era a conoscenza dei legami professionali tra il senatore-rottamatore e il regime saudita macchiato di sangue?.
E quanti altri nella futura compagine governativa di Mario Draghi hanno rapporti di "consulenza professionale" con gli assassini di Jamal Khashoggi, "The Dissident" ?