"Lo stillicidio non finisce. Mi vergogno che nel Pd, partito di cui sono segretario, da 20 giorni si parli solo di poltrone e primarie, quando in Italia sta esplodendo la terza ondata del Covid, c’è il problema del lavoro, degli investimenti e la necessità di ricostruire una speranza soprattutto per le nuove generazioni.
Sono stato eletto proprio due anni fa. Abbiamo salvato il Pd e ora ce l’ho messa tutta per spingere il gruppo dirigente verso una fase nuova. Ho chiesto franchezza, collaborazione e solidarietà per fare subito un congresso politico sull’Italia, le nostre idee, la nostra visione. Dovremmo discutere di come sostenere il governo Draghi, una sfida positiva che la buona politica deve cogliere. Non è bastato. Anzi, mi ha colpito invece il rilancio di attacchi anche di chi in questi due anni ha condiviso tutte le scelte fondamentali che abbiamo compiuto. Non ci si ascolta più e si fanno le caricature delle posizioni. Ma il Pd non può rimanere fermo, impantanato per mesi a causa in una guerriglia quotidiana. Questo, sì, ucciderebbe il Pd".
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Non c'è niente di peggio, per un leader politico che annuncia le dimissioni, di non essere creduto e ascoltato nonostante un gesto così sofferto ed estremo.
Nicola Zingaretti si è dimesso via Facebook, senza avvertire nessuno, ma nessuno ora gli crede.
Tutti nel PD fingono sgomento e stupore, e si chiedono quanto tempo impiegherà Zingaretti a ritirare le dimissioni. Sono molto preoccupati di dover interrompere per qualche mese il gioco delle freccette, il tiro al bersaglio che nel PD è da sempre lo sport preferito.
E' stato fin troppo facile rimproverare al governatore del Lazio la pessima gestione della crisi del governo Conte Bis e la pessima figura della spartizione dei posti ministeriali nel governo Draghi, pochi e tutti ai maschi di partito, dopo aver esaltato le qualità politiche di Barbara D'Urso.
I tanti ex renziani rimasti nel PD hanno sentito il richiamo della foresta, l'ululato dello sceicco di Rignano, e si sono fiondati a sbranare Zingaretti.
Il rituale di palazzo prevede che la vittima si faccia dilaniare per il tempo necessario a trovare un sostituto, ma in questo caso il segretario del PD ha preferito togliere subito le sue ossa dalle bocche fameliche, per salvare il salvabile e accontentarsi di governare il Lazio, dove Roma ancora alberga.
Non è vero che Nicola non abbia avvisato nessuno delle sue intenzioni di dimettersi. Erano "almeno 20 giorni" che lo andava ripetendo: Se non la smettete di attaccarmi, mi dimetto. Nessuno ha smesso e lui si è dimesso, come da preavviso.
Drammatizzare la crisi per costringere tutti ad uscire allo scoperto.
"Se c'è qualcuno che vuole diventare segretario si faccia avanti, mostri la sua faccia e la sua barba".
L'allusione è rivolta a Stefano Bonaccini, governatore dell'Emilia-Romagna che da qualche mese si è trasformato da sardina a squalo.
L'ultima bordata contro il segretario del PD è partita dopo la pubblicazione di un sondaggio che interrogava gli elettori sulle intenzioni di voto nel caso in cui Giuseppe Conte diventasse capo politico del Movimento 5 Stelle. 22% al M5S e 14% al PD.
Se questo è il risultato dell'alleanza PD-M5S, si sono chiesti i gerarchi del partito, meglio correre da soli, come Bonaccini fece in Emilia, appunto.
Non credo che le dimissioni di Zingaretti siano "finte" e non credo che nell'Assemblea nazionale del 13 marzo possano essere ritirate sull'onda di un'ampia richiesta di ritirarle proveniente dagli stessi che fino ad oggi lo hanno bersagliato.
Le conseguenze del terremoto politico avviato nello scorso autunno per portare Mario Draghi al governo sono visibili e profonde.
Se fino a qualche giorno fa si discuteva sulla probabile scomparsa politica del M5S, dopo le dimissioni di Zingaretti bisognerà aggiungere anche quella del PD.
Qualcuno vorrebbe ancora farci credere che Mario Draghi sia solo un tecnico super-partes venuto a salvare l'Italia dai populisti incompetenti?