In quarantotto ore l'India ha pianto la morte di due attori, Irrfan Khan (The Millionaire) e Rishi Kapoor (Bobby). Amati dal pubblico, rappresentanti in epoche diverse della cultura nazionalpopolare induista, del romanticismo, del sogno di emancipazione e di arricchimento, i due attori non sono morti di coronavirus ma di cancro.
La coincidenza dei due decessi "non covid-19", in un mondo dove fanno notizia solo i numeri dell'epidemia, ha suscitato l'attenzione di tutti. L'India e' una incredibile eccezione nel mondo. Si e' parlato di Singapore, della Corea del Sud, della Germania o della Svezia come casi di realta' virtuosa nella battaglia contro Covid-19. Nessuno se l'e' sentita di indicare l'India, che invece numeri alla mano finora e' il vero grande caso di misterioso successo delle misure di lockdown, iniziate a meta' marzo e di cui si prevede il termine dall'inizio di maggio. Dati alla mano, al 30 aprile l'India, 1,3 miliardi di abitanti, conta "solo" 33mila contagi e e poco piu' di mille morti che raffrontati con gli oltre 200.000 casi e 28mila morti in Italia, oppure con il milione di casi e 61mila morti negli Stati Uniti, sono meno di nulla.
Chi, come me, e' stato in India da turista e ha potuto constatare il sovraffollamento e le condizioni precarie del sistema igienico-sanitario nelle grandi metropoli come Nuova Delhi, Mumbai, Calcutta, stenta a credere che li' la diffusione del coronavirus e' stata bloccata mentre a New York, a Milano a Londra ha fatto strage e come prima reazione e' portato a non credere ai numeri forniti dalle autorita' del governo di destra nazionalista guidato da Narendra Modi. Eppure quei numeri sono piu' credibili e trasparenti di quelli comunicati dalla Cina, dall'Iran o dalla Russia. Se in India la mortalita' causata dal SARS-coV-2 fosse molto piu' alta di quella ufficiale lo si saprebbe e lo si vedrebbe, perche' l'India non ha un sistema centralizzato e censorio paragonabile a quello cinese, esiste una dialettica politica e sociale, per quanto conformista, che ha consentito di documentare anche le recenti proteste di massa contro le discriminazioni razziali introdotte dal governo Modi. Perche' in India non si muore di coronavirus ? Alcuni spiegano il fenomeno con le condizioni climatiche particolari, inverno e primavera meno umidi e con temperature miti, altri individuano nelle precarie condizioni igieniche la causa di una possibile "resistenza immunitaria" sviluppata nel corso di decenni e secoli nei ceppi etnici della penisola, che in questa occasione torna utile per impedire la trasmissione del virus. Non sembrano esserci evidenze scientifiche a supporto di una tesi o di un'altra. Mentre potrebbe essere molto piu' fondata un'altra ipotesi: in India la vera piaga sanitaria si chiama tubercolosi, malattia polmonare di origine batterica e di antica diffusione, che nonostante le campagne di prevenzione provoca ogni anno centinaia di migliaia di morti. Secondo i dati WHO, nel 2018 l'India ha registrato 2.690.000 malati di TBC e 449.000 morti. Una strage di proporzioni molto maggiori e di natura diversa rispetto al SARS-coV-2. La diffusione della tubercolosi in India negli ultimi 10 anni e' stata accelerata dalle condizioni ambientali e sociali, legate all'elevato tasso di inquinamento atmosferico a sua volta causato dall'incremento vertiginoso dei fattori inquinanti, come le industrie e il trasporto. Dal 2015 il governo ha lanciato una campagna di massa per la vaccinazione anti-TBC e ha potenziato i presidii sanitari per la popolazione. Ma la diffusione della tubercolosi (che ha un origine batterica e non virale) continua a mietere migliaia di vittime, anche perche' i tassi di inquinamento aumentano anziche' diminuire. L'effetto collaterale, in questo caso positivo, delle campagne di vaccinazione contro la tubercolosi in India potrebbe consistere in una sorta di vaccinazione di massa gia' in atto contro il coronavirus. Tanto che in Germania si sta studiando la possibilita' di utilizzare il vaccino contro il batterio della tubercolosi in funzione anti-Covid, in attesa di quello specifico. "Inoltre il vaccino puo' essere prodotto in India utilizzando metodi di produzione all'avanguardia che renderebbero disponibili milioni di dosi in pochissimo tempo", afferma Adar C. Poonawalla, Ceo e direttore esecutivo del Serum Institute of India.� Anche il vaccino contro la poliomelite e' indiziato per essere efficace nella prevenzione del nuovo coronavirus. Dal 2012 in India, che un tempo era l'epicentro mondiale della malattia, non si registrano casi di polio dopo le vaccinazioni di massa degli anni precedenti. In ogni caso il governo aveva dichiarato il blocco rigido delle attivita' e stay-at-home a meta' marzo, anche se tutti hanno potuto vedere le scene delle stazioni accalcate di lavoratori migranti interni che cercavano di salire sui treni, che in India sono quanto di piu' precario si possa immaginare, molti senza mascherina, molti senza lavarsi da giorni. "Non credo che vi siano dubbi sul fatto che il lockdown sia riuscito a ottenere un notevole rallentamento della crescita della malattia", ha dichiarato Sitabhra Sinha, scienziata dell'Istituto di scienze matematiche di Chennai, che ha studiato la diffusione dell'epidemia in India attraverso la modellistica computerizzata. il 12 aprile Sinha aveva riferito al giornale IndianExpress che come effetto diretto delle misure di blocco il numero di casi infetti confermati sarebbe probabilmente rimasto inferiore a 20.000 entro il 20 aprile. Senza il lockdown invece, secondo i modelli matematicidi previsione, il numero dei contagi avrebbe raggiunto i 35.000. I contagiati al 20 aprile erano 18.465, ben all'interno della previsione. Nel cercare i motivi del miracolo indiano ho appreso con meraviglia dai media cinesi che l'India e' il principale produttore di vaccini al mondo, miliardi di dosi all'anno. Una produzione in gran parte esportata, tanto che la Cina conta molto sull'industria indiana dei vaccini nell'immediato futuro, ma anche utilizzata da anni al proprio interno, come un modo poco costoso per prevenire cio' che altrimenti causerebbe la crisi totale delle strutture sanitarie. Con ogni probabilita', se e quando ci sara' un vaccino per Sars-coV-2, sara' made in India e lo utilizzeremo anche a Roma. Anche in India comunque le misure di blocco hanno provocato polemiche con pesanti ripercussioni sull'economia e sul sistema sociale. Gran parte dei lavoratori autonomi, dei lavoratori occasionali con salari giornalieri e dei lavoratori informali, che costituiscono il 90 per cento della forza lavoro totale, hanno perso il loro sostentamento. Decine di migliaia di migrant workers sono stati costretti a alloggiare in enormi campi di quarantena, in attesa di poter tornare al lavoro o alle citta' di origine. La domanda e' fortemente diminuita a seguito della contrazione dell'occupazione. L'offerta e' stata strangolata dalla massiccia riduzione della produzione, e i contadini che erano riusciti a portare le coltivazioni a termine sono stati costretti a distruggere il raccolto invenduto. Le entrate governative, sia per il Centro che per gli Stati, sono crollate. E gli economisti indiani stimano che, anche se il blocco fosse revocato tutto e subito, la crescita economica durante il 2020-21 sarebbe zero o negativa. Dal 4 maggio, come in Italia, il governo centrale indiano ha autorizzato i governi regionali ad allentare le misure di contenimento del coronavirus, "senza pero' abbassare la guardia". Un miliardo e trecento milioni di persone riprenderanno a scorrere lungo le precarie ferrovie o nelle asfissianti strade di Nuova Delhi. Molti indiani continueranno a morire di inquinamento e di poverta', ma di coronavirus no.