Il 16 giugno 2021 Patrick Zaki compie 30 anni.
Una tappa simbolica, un altro compleanno, il secondo, da dimenticare, perché trascorso in sofferenza in uno squallido carcere di Il Cairo.
Mese dopo mese, Patrick Zaki viene privato della libertà senza sapere perché, senza un'accusa, un indizio, una ragione. Si suppone che sia detenuto per aver espresso opinioni, durante la sua permanenza di studente dell'università di Bologna, che non piacciono al regime di Al Sisi, in particolare sull'omicidio di Giulio Regeni.
Da quando è in carcere dal febbraio 2020 un tribunale di regime si rifiuta sistematicamente di avviare un processo, condannando di fatto Zaki ad un sequestro immotivato, cinico e illegale.
Due mesi fa il Senato italiano, con un voto quasi unanime, ha approvato una mozione di indirizzo che chiede di avviare le procedure per la concessione della cittadinanza italiana a Patrick Zaki. Un atto formale e sostanziale per esplicitare la solidarietà che tutta l'Italia, a prescindere dalle convinzioni politiche, esprime nei confronti dello studente egiziano.
Un voto che era stato sugellato simbolicamente dalla partecipazione della senatrice Liliana Segre che nonostante l'età e gli acciacchi aveva voluto rappresentare l'importanza di essere a fianco di Zaki e della famiglia di Giulio Regeni, torturato e ucciso dal regime al Sisi.
Quel voto è stato finora ignorato da Mario Draghi, nel modo più cinico che possa capitare: fare finta di niente.
"Zaki chi?"
Carlo Verdelli ha scritto sul Corriere della Sera del 21 maggio scorso: "Patrick Zaki compirà 30 anni in cella. E noi staremo zitti e buoni?"
In realtà, se passa più o meno esplicitamente la linea del «Zaki chi?», una questione non da poco resta comunque aperta e riguarda il rapporto tra Parlamento e Esecutivo. Fino a che punto il secondo può ignorare una richiesta plebiscitaria del primo? Qualche giorno dopo la votazione pro Zaki, il premier Draghi, richiesto di un commento, rispose: «È un’iniziativa parlamentare. Il governo non è coinvolto, al momento». La domanda è come può non coinvolgersi, visto che a chiedergli di farlo è la maggioranza stessa che lo esprime e lo sostiene. Vero che siamo in tempi di emergenza prolungata e quindi di scelte dove la rapidità d’azione ha spesso la meglio sulla condivisione. Ma resta il punto di principio: o deputati e senatori dell’alleanza di governo hanno aderito a una richiesta molto impegnativa sul piano della diplomazia nazionale soltanto perché sembrava brutto esimersi (con tante scuse al fervore messo in campo da Liliana Segre) e non si spingeranno oltre la parata di coscienza, oppure il governo stesso una qualche risposta la dovrebbe dare, trovando il momento, ci mancherebbe.
Giusto per dare un orizzonte temporale, Patrick Zaki compirà 30 anni il prossimo 16 giugno. La cosa peggiore che possa ancora capitargli è scoprire di essersi illuso che la sua seconda casa, l’Italia, stesse battendosi per lui e invece era tutta una finta. Sentirsi abbandonato è una condanna senza rimedio.
Non credo che Mario Draghi non condivida l'opinione di Verdelli. Che cosa gli costa spendere delle parole di impegno e speranza per Patrick Zaki, in ottemperanza ad una richiesta parlamentare e sociale?
Draghi, al pari dei suoi predecessori, ritiene che i rapporti diplomatici e affaristici con l'Egitto siano fondamentali per l'Italia. Non solo i legami diretti, la vendita di armi o l'estrazione di gas nel mare egiziano, ma anche quelli "collaterali", la spartizione della Libia, l'asse con i sauditi e gli intrecci mediorientali.
Draghi ha mille ottimi motivi per non urtare la suscettibilità di al Sisi, tranne ovviamente uno, quello che fa appello alla giustizia e alla dignità dell'individuo, ai valori e ai sentimenti di cui ci riempiamo la bocca.
Draghi potrebbe dire, ma non lo ha ancora fatto capire, che la liberazione dei Patrick Zaki è un'impresa difficile e delicata, che per riuscire ha bisogno di passi discreti e pazienti e non di gesti roboanti ma inutili.
E' la logica di chi dice "lasciatemi fare come dico io, alla fine conta il risultato"?
Forse, ma anche in questo caso il silenzio del governo italiano sconfina nel disinteresse per le regole minime che segnano il confine tra un autoritarismo mascherato di "unità nazionale" e un percorso ancora simile ad una democrazia parlamentare.
Nella tragica vicenda di Giulio Regeni il governo di Matteo Renzi impiegò quasi una settimana ad accorgersi della sua scomparsa e quel ritardo forse fu fatale per la vita del giovane ricercatore.
Nella vicenda di Patrick Zaki, provato nel fisico e nel morale da condizioni carcerarie disumane, il governo Draghi da due mesi tarda a prendere un'iniziativa, sulla scia del voto parlamentare per la cittadinanza allo studente di Bologna.
Spero che qualche rappresentante delle istituzioni italiane spenda parole sincere e importanti per far tornare Patrick a Bologna, per rendergli il compleanno in carcere meno amaro e triste.