E' stato depositato il testo completo della sentenza - dispositivo e motivazioni - con cui il giudice Fulvio Accurso ha condannato Domenico Mimmo Lucano, ex sindaco di Riace, a più di 13 anni di carcere.
Al termine della lettura, una serie di pregiudizi, illazioni, deduzioni che nascondono un forte preconcetto del giudice, viene solo da pensare : "questo accade nel paese in cui un partito ora al governo ha fatto sparire 49 milioni di euro di contributi statali, senza che nessuno sia finito in galera, e ha patteggiato la restituzione in 99 anni"
da "editorialedomani"
- Per i giudici del tribunale di Locri che hanno condannato a 13 anni e 2 mesi l’ex sindaco di Riace oltre alle buone intenzioni nel suo progetto di accoglienza dei migranti c’era anche il «bieco calcolo politico».
- I suoi collaboratori che gli avrebbero portato pacchetti di voti, per i giudici si sono mossi «nel cerchio rassicurante della sua protezione associativa, per poter conseguire illeciti profitti, attraverso i sofisticati meccanismi».
- La conferma che lui da questo giro non si sia arricchito però arriva dalle stesse carte: «Nulla importa che l’ex sindaco di Riace sia stato trovato senza un euro in tasca», spiegano, «ove ci si fermasse a valutare questa condizione di mera apparenza, si rischierebbe di premiare la sua furbizia, travestita da falsa innocenza».
Il giudice Fulvio Accurso ha depositato le motivazioni della sentenza emessa a fine settembre. Nel provvedimento si parla di un “sistema che si basava su una piattaforma organizzativa collaudata e stabile, che si avvaleva dell’esperienza e della forza politica che Lucano possedeva e che questi esercitava in forma padronale ed esclusiva, tanto da indurre tutti al silenzio”.
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Il Giudice Accurso contro la "forma Partito"
da il Fatto Quotidiano
“Tutti i componenti dell’organizzazione – si legge nelle 904 pagine di sentenza – hanno agito accettando di sostenere politicamente Lucano, ricevendo da esso, in cambio, piena libertà di movimento nella loro azione illecita di accaparramento delle risorse pubbliche”. Per il Tribunale, in sostanza, “si è trattato più precisamente, di un’organizzazione tutt’altro che rudimentale, che rispettava regole ben precise a cui tutti puntualmente si assoggettavano, permeata dal ruolo centrale, trainante e carismatico di Lucano Domenico, che ne era al vertice, il quale consentiva ai partecipi da lui prescelti di entrare nel cerchio rassicurante della sua protezione associativa, per poter conseguire illeciti profitti, attraverso i sofisticati meccanismi, collaudati negli anni e che ciascuno di essi eseguiva fornendogli in cambio sostegno elettorale”.
“In altre parole Lucano Domenico, – scrive sempre Accurso – dopo aver realizzato l’encomiabile progetto inclusivo dei migranti, che si traduceva nel cosiddetto Modello Riace, invidiato e preso ad esempio da tutto il mondo, essendosi reso conto che gli importi che venivano elargiti dallo Stato per governare quel fenomeno erano più che sufficienti allo scopo, piuttosto che restituire ciò che veniva versato, aveva ben pensato di reinvestire in forma privata la gran parte di quelle risorse, con creazione di progetti di rivalutazione del territorio, che, oltre a costituire un trampolino di lancio per la sua visibilità politica, si sono tradotti nella realizzazione di plurimi investimenti (tra cui l’acquisto di un frantoio e di numerosi beni immobili da destinare ad alberghi per l’accoglienza turistica) che costituivano, ad un tempo, una forma sicura di suo arricchimento personale, su cui egli sapeva di poter contare a fine carriera, per garantirsi una tranquillità economica che riteneva gli spettasse, sentendosi ormai stanco per quanto già realizzato in quello specifico settore, per come dallo stesso rivelato nel corso delle ambientali che sono state esaminate”.
“è di tutta evidenza che detto imputato non versasse in alcuna condizione di pericolo per la sua o per l’altrui persona e che abbia operato con costanza nell’illecito, in modo studiato, consapevole e volontario, per come emerge sia dalle sue azioni che, soprattutto, dalle sue stesse parole, le quali si traggono in modo incontestabile dalle intercettazioni”.
I giudici non hanno creduto a Lucano nemmeno sulla circostanza che l’ex sindaco di Riace “non si sarebbe intascato nulla dalle varie azioni che gli vengono addebitate, tanto da essere sostanzialmente impossidente, avendo egli agito al solo scopo di fare del bene al prossimo”.
Per il Tribunale, va sfatato questo “falso mito”: “Ritiene, invece, il Collegio – si legge sempre nella sentenza – che l’analisi attenta delle sue stesse parole, tratte dalle intercettazioni di cui si dispone, e che sono state di volta in volta esaminate, abbia inchiodato Domenico Lucano alle sue incontestabili responsabilità, smascherando il mendacio permanente di cui lo stesso si è servito per accreditarsi all’esterno, in modo del tutto diverso da come ha spudoratamente agito”.
Mimmo Lucano ha reagito con stupore alle pesanti motivazioni alla sua condanna: «Non mi aspettavo complimenti ma neanche che il Tribunale mi condannasse sulla base di cose non vere. Le risultanze del processo dimostrano altro. È tutto molto strano. Dal processo non si evince per nulla l’interesse economico. Perché devo subire quest’aggressione mediatica basata su accuse infondate? Si infanga ancora una volta la mia immagine ma io non voglio che la gente abbia dubbi su di me. Aspetto di consultarmi con i miei avvocati per l’appello. Sono sicuro che dimostrerò la mia innocenza»
#iostoconmimmolucano