Nei racconti dei sopravvissuti alla catastrofe di Derna in Libia c'è un'immagine ricorrente: "siamo andati a dormire che pioveva tanto, ma abbiamo pensato chep resto avrebbe smesso ... poi abbiamo sentito due boati ... pensavamo che fossero tuoni ... nessuno immaginava quello che sarebbe successo ..."
I due boati non erano tuoni ma l'effetto del crollo delle due dighe lungo il corso del Wadi che attraversa la città di Derna. Da lì a poco milioni di metri cubi di acqua si sarebbero abbattuti sulla città, spazzando via il 30% delle abitazioni di un aggregato urbano che contava quasi centomila abitanti.
Dopo 5 giorni è ancora difficile fare una stima delle vittime. I morti sarebbero almeno ventimila, forse trentamila, migliaia i dispersi, tenendo conto che nella Libia dilaniata da anni di guerra civile l'amministrazione dell'anagrafe urbana è quantomeno incerta.
Il ciclone Daniel era stato previsto, ma nessuno ha organizzato un'evacuazione della popolazione, perchè nessuno pensava che alle soglie del deserto potesse verificarsi un'alluvione imponente.
Si individua nella presenza di due dighe a monte della città di Derna la causa del disastro.
Le dighe in presenza di una pioggia comunque eccezionale hanno fatto prima da tappo e poi da "bomba" nel causare l'inondazione dell'area urbana sviluppatasi attorno al corso del Wadi.
La stampa ha dato risalto al fatto che le due dighe fossero "vecchie" perchè costruite negli anni'70 del secolo scorso con tecniche semplici.
Ma la verità è che in quegli anni non c'era ancora nessuna avvisaglia dei cambiamenti climatici di questi anni, e che il vero problema erano le prolungate siccità e le due dighe dovevano servire a contenere una quantità d'acqua sempre scarasa, anche nei periodi di maggiore piovosità.
Basti pensare che la media delle precipitazioni annue di quel periodo era inferiore ai 300 millimetri annui, mentre nelle 24 ore di inferno scatenato dall'uragano Daniel sui rilievi attorno a Derna ne sono caduti più di 400.
Gli ingegneri jugoslavi che progettarono le due dighe non avevano la possibilità di prevedere un evento simile!
Il fatto è che le città in tutto il mondo negli ultimi 50 anni si sono espanse ad un ritmo impressionante. Uno sviluppo abnorme dell'urbanizzazione guidato da logiche economiche e speculative, da necessità immediate e contingenti, senza previsioni e progettazioni.
Ne abbiamo decine di esempi anche in Italia, guardando allo sviluppo di città come Genova o Ancona o Messina. Ma anche nei piccoli centri, su scala ridotta, interi quartieri e palazzi sono stati costruiti lungo le rive di corsi d'acqua e torrenti, ritenuti sicuri perchè asciutti per 11 mesi all'anno. Poi quando piove ... o se piove più della norma ...
Ma non sono solo gli edifici a rappresentare un rischio. Nelle grandi aree urbane lo "sviluppo" ha comportato l'occupazione del suolo con automobili e strutture di ogni genere che nelle situazioni di forti piogge diventano "canali" e "dighe" dal comportamento imprevedibile. Fanno da tappo all'acqua per poi esplodere e sommergere e riesplodere, creando distruzione e morte.
Senza tenere conto del dissesto idrogeologico creato nelle zone circostanti alle città, dove anche le piccole colline sono capaci di trasformarsi in enormi mostri di fango e abbattersi sulle abitazioni.
Senza tenere conto del sovraffollamento e dell'incremento demografico incontrollato che reclama più consumo di risorse e di spazi.
Nel bacino del Mar Mediterraneo per millenni le popolazioni si sono insediate e sviluppate creando uno dei centri propulsivi di civiltà sul Pianeta.
Per millenni è stato logico e naturale abitare vicino al mare o vicino ai fiumi. L'acqua è sempre stata fonte di vita e prosperità.
I Cambiamenti Climatici intaccano questa convinzione ultramillenaria e delineano nuovi scenari in cui l'acqua è fonte di rischi ma anche la sua assenza, ossia la siccità, crea trappole mortali con incendi e distruzioni mai viste prima d'oggi. Il lago d'Aral è scomparso, le foreste del Canada bruciano, l'Amazzonia, polmone della Terra, si riempie di CO2 ...
Minimizzare il ruolo dei cambiamenti climatici ed enfatizzare le responsabilità di costruzioni vecchie e non adeguate ai fenomeni più recenti significa cadere nella trappola del "Don't Look Up" .
Cambiamenti climatici e global warming sono la nuova "normalità" con cui fare i conti e alla svelta (siamo in enorme ritardo), cambiando drasticamente il modo di progettare l'urbanizzazione, magari riducendola, e governandola tenendo in mente i nuovi rischi.
La transizione ecologica di cui tutti i governi e i politici si riempiono la bocca e le tasche è pensata e fatta a dimensione del business piuttosto che delle vere emergenze.
L'ecatombe di Derna possa almeno servire da lezione per il futuro, ma solo se si smette di pensare che c'era bisogno di costruire nuove dighe moderne ...
i.fan.
Key1: Derna keywords: Derna, global warming, riscaldamento globale, Cambiamenti Climatici, Transizione ecologica, Libia,
Date Created: 15/09/2023 08:29:03