I primi giornalisti entrati a Khan Yunis, seconda città di Gaza con 500mila abitanti prima del 7 ottobre, dopo il ritiro delle truppe di Israele hanno usato tutti le stesse espressioni. "una cosa mai vista", "una distruzione totale", "una città morta per sempre", "un cumulo di macerie da cui esce odore di morte".
Nell'inferno di Khan Yunis si aggiravano sperdute le prime sagome dei palestinesi tornati a quelle che un tempo erano le loro case, ora diventati scheletri sventrati dalla furia dei bombardamenti israeliani-
E più passano i giorni e più si capisce che le truppe di Tel Aviv non si sono ritirate per qualche ragione umanitaria o logistica - neanche il motivo di far "riposare i soldati" prima dell'assalti finale agli sfollati di Rafah è plausibile - ma solo per dare al mondo intero e ai palestinesi un messaggio cinico e criminale : "Guardate come abbiamo ridotto Khan Yunis, la città di Yahya Sinwar, guardate cosa vi abbiamo fatto, guardate cosa siamo stati capaci di fare e ricordatevelo per sempre, per i secoli a venire".
E' vero.
Quello che gli israeliani con a capo Netanyahu sono stati capaci di fare a Khan Yunis andrà ricordato per sempre, nel novero di altri orrori della Storia, compresi quelli di cui gli ebrei sono stati vittime anche per mano di Hamas.
A Khan Yunis le prove dei crimini di Israele
9 aprile 2024 - Guardo una foto di Khan Yunis.
Qualcuno l'ha scattata da un drone a mezzaria.
Qualcuno che è arrivato qui, in questo inferno, subito dopo l'uscita delle colonne corazzate israeliane.
La foto è l'emblema dello strazio, della distruzione che gli israeliani hanno lasciato alle loro spalle.
Qualcuno è arrivato a pensare che la ritirata dell'IDF da Khan Yunis fosse un buon segno, l'inizio di una fase di preparazione del cessate il fuoco chiesto da Biden e dagli europei per porre fine alla catastrofe di Gaza.
Sono bastate poche immagini, pochi video per afferrare la verità.
Ma quale buon segno. Gli israeliani vanno via perchè qui non è rimasto più niente da fare, niente da distruggere, niente a cui sparare.
Quelli che non sono andati via sono sotto le macerie, palestinesi e forse anche ostaggi di Hamas. Niente di vivo è rimasto.
Le immagini mostrano cumuli di macerie attraversate da un solco che un tempo doveva essere una strada.
Non si vedono auto, nè insegne nè segni di vita.
Il solco tra le macerie si fa strada tra palazzi sventrati, i muri divelti fanno intravedere qualcosa di quella che un tempo era una dimora, una comunità di famiglie, di problemi e qualche speranza.
Quanti bambini hanno giocato lungo i marciapiedi di questa strada scomparsa, quanti bambini sono scomparsi senza più affollarla con le loro grida gioiose e spensierate.
Le foto scattate dal drone di un fotografo temerario, scampato, sono attraversate dalle sagome di gruppi di persone, ciascuno contiene una donna riconoscibile dal lungo mantello nero con a fianco una o due piccole figure. bambini che si tengono per mano, cercano di farsi coraggio attraversando quel solco di pietre e cemento che un tempo era la loro strada, il loro mondo di giochi e desideri.
La strada non c'è più, non ha motivo di esserci, perchè i soldati l'hanno sommersa di bombe.
Vedendo queste immagini si capisce con nitidezza impressionante che l'obiettivo dei soldati di Netanyahu non era quello di combattere un nemico, di fare una guerra ad altri soldati, di stanare terroristi o di conquistare posizioni.
I soldati hanno distrutto tutto perchè dovevano distruggere tutto, non lasciare alcun segno di vita civile, niente che potesse fare pensare ad una terra abitata da un popolo, alle sue famiglie e ai suoi bambini.
La matematica dice che dentro quella lunga fila di palazzi sventrati non potevano esserci soldati nemici o terroristi in un numero così grande da giustificare una così grande distruzione.
Hanno sparato contro tutto ciò che era un segno di umanità.
In quei palazzi, nelle moschee, nelle scuole, negli ospedali, nei negozi e persino negli obitori, c'erano i segni di vita di un popolo, segni da cancellare.
Questa è l'immagine di Khan Yunis dopo sei mesi di una guerra che sarebbe stata giusta e legittima se avessi combattuto i terroristi di Hamas e avesse risparmiato decine di miglia di palestinesi.
Colpevoli di aver scelto Hamas per combattere Israele?
Oppure colpevoli solo di essere palestinesi in una terra reclamata dai palestinesi e da ebrei?
Le immagini di distruzione sono la prova inconfutabile che in sei mesi a Gaza l'esercito di Netanyahu non ha cercato di liberare gli ostaggi barbaramente rapiti da Hamas.
Non ha cercato una legittima difesa, non ha cercato nemmeno una legittima vendetta.
L'esercito di Israele ha cercato solo di realizzare un obiettivo, l'annientamento dei palestinesi e la cacciata dalle loro terre.
Private i palestinesi di un tetto per coprirsi e di un piatto di cibo per sfamarsi, questo è stato l'ordine ricevuto dai soldati israeliani.
Fategli rimpiangere di non essere morti sotto le bombe. Fategli capire che la loro fine è arrivata.
Le foto di Khan Yunis lasciano immaginare quello che è già successo a Gaza City.
Quello che succederà a Rafah, dove oltre un milione di anime sperdute si sono accampate ai bordi della loro terra. Se Netanyahu manterrà i piani previsti.
Nessuno crede al racconto di Hamas asserragliata, ultimi irriducibili attorno a Yahya Sinwar, nei tunnel sotto Rafah. Assieme agli ultimi sopravvissuti ostaggi.
I tunnel di Rafah sono vuoti, o pronti ad essere svuotati per fuggire in Egitto.
Radere al suolo Rafah non servirá a liberare gli ostaggi, nè ad eliminare Sinwar e i suoi irriducibili.
Servirà solo ad accrescere le sofferenze e le vittime palestinesi, a fargli desiderare di fuggire all'inferno pur di non tornare mai più a Gaza.
Questo è ciò che vuole Israele per chiudere una volta per tutte la millenaria storia di guerra con la Palestina.