Russia, repressione delle proteste contro invasione Ucraina
Украина, молчаливый протест россиян против путинской войны: зеленые ленточки
Ucraina, protesta silenziosa dei russi contro la guerra di Putin: nastri verdi
Da Michele Santoro a Padre Zanotelli, da Fratoianni a Landini, la vecchia guardia del pacifismo cattolico e di sinistra è unito nella condanna dell'invasione russa dell'Ucraina ma si oppone all'invio di armi all'esercito di Zelensky.
Temono l'escalation e la Guerra Nucleare: "No armi a Zelensky. Non vogliamo morire per Kyiv"
Il più esplicito e diretto è stato Michele Santoro, uno dei simboli del giornalismo impegnato e anticonformista, nella trasmissione televisiva diMartedì su La7.
"Non mi auguro assolutamente che l'Ucraina perda la guerra ... io sono dalla parte di chi ha piantato la sua bandiera del suo paese sui mucchi di sabbia e si difende dall'invasore ... però poi quando sento Zelensky che sembra quasi chiedere non tanto di essere aiutato o di avere la solidarietà internazionale ... ma quasi pretende un allargamento del teatro di guerra .. io allora non sono più con Zelensky ... quando chiede la no-fly-zone ... va bè "aiutatemi" ma non è che per aiutare Zelensky dobbiamo andare in una Terza Guerra Mondiale, lo dobbiamo aiutare nella maniera giusta per aiutarlo, facendo tutto ciò che è possibile per cingerlo con una cortina di solidarietà e facendo comprendere a Putin che non c'è nessuna soluzione che passi da un asservimento dell'Ucraina
e come glielo fai capire, però, ... quello è violento ... quello è Putin, quello è come ...
... ma Putin non è un pazzo come viene descritto, non è Hitler, .. Putin è un leader, un leader autocrate ...
In sintesi il ragionamento di Michele Santoro cerca di mettere un limite alla solidarietà con l'Ucraina: siamo con gli ucraini, ci mancherebbe altro, ma non possiamo oltrepassare la soglia dell'allargamento del conflitto che aprirebbe le porte ad uno scontro globale, al coinvolgimento della NATO e al lancio dei missili a testata nucleare.
Quando Zelensky chiede la no-fly-zone o l'utilizzo di aerei da combattimento della NATO o di altre armi più sofisticate chiede di fatto un allargamento del conflitto che coinvolgerebbe in primis i paesi europei. Ergo, non possiamo morire per Kyiv.
Credo che l'intento di Michele Santoro nel porre in modo diretto la questione, senza avere modo di articolarla, si limitasse ad "aprire un dibattito" senza girarci troppo attorno.
Ma è bastato a dar fiato alle trombe del pacifismo italiano, evocato dallo stesso Santoro in particolare nella componente cattolica. A cui si sono accodati i settori della sinistra in rifondazione permanente.
Ridicolo l'argomentare di Tomaso Montanari secondo il quale non si può paragonare la resistenza del popolo ucraino contro i russi a quella dei partigiani contro i nazisti.
I partigiani, secondo Montanari, hanno ricevuto armi dagli Americani in una fase in cui i nazisti erano già deboli e in ritirata, mentre i russi in Ucraina sono all'attacco !? Ovvero la resistenza si può fare solo quando si prevede di poter vincere. Lapalissiano.
Il dubbio di Michele Santoro invece mi sembra meritevole di una vera discussione senza pregiudiziali ideologiche.
Il timore di una Guerra Nucleare Totale, che distruggerebbe centinaia di milioni di vite umane e gran parte della "civiltà umana", è balzato dirompente sulla scena del conflitto, quando Putin ha fatto sapere di aver messo in allerta i sistemi missilistici con testata atomica.
Si è trattato non solo di un cinico annuncio scioccante, ma di una vera e propria svolta epocale, ben più grave e pericolosa del precedente episodio dei missili a Cuba degli anni '60 del secolo scorso.
In quel frangente, fermarsi e fare marcia in dietro per entrambi i contendenti - Kennedy e Krusciov - è stato di gran lunga più semplice di adesso, per tanti motivi, non ultimo quello che la coscienza dei lutti della seconda guerra mondiale era ben più vivida e attenta di quanto non lo sia oggi.
Dalla crisi dei missili di Cuba in poi, tutti ci siamo convinti senza dirlo a gran voce che la deterrenza nucleare per quanto orribile comunque funzionava. Si poteva manifestare per la Pace, senza preoccuparsi della Sopravvivenza.
L'invasione dell'Ucraina e le farneticanti dichiarazioni di Putin hanno cambiato quella percezione. Di questa guerra abbiamo paura, e per questo siamo portati a pensare che
"non si può rischiare la guerra nucleare per difendere a oltranza Kyiv".
Di conseguenza Zelensky e l'Ucraina devono accettare una mediazione, un sacrificio più o meno ampio, per salvare se stessi e il resto del mondo dall'olocausto atomico.
Giusto! Non serviva Michele Santoro per ricordarcelo. Mentre il film dell'orrore in Ucraina si svolge di giorno in giorno, il postulato del "NO alla Terza Guerra Mondiale (e nucleare)" è sempre ben più chiaro.
L'aggressione di Putin si basa sul sovvertimento del concetto di deterrenza. Fino a ieri le le guerre, sia quelle americane che russe, avevano l'implicita dichiarazione di "contenimento": "tutto è ammesso tranne che fare la guerra nucleare".
Le devastazioni e gli orrori in Cecenia, in Iraq, in Siria o in Afghanistan avevano in comune il vecchio concetto di deterrenza. Con l'invasione dell'Ucraina Putin ha fatto sapere al mondo intero che non considera più valido quello schema, che la sua guerra può prevedere anche l'uso delle armi nucleari.
L'effetto di questo annuncio è quello di paralizzare o quantomeno limitare le opzioni dell'avversario, se questi non è disposto a percorrere l'escalation fino all'estremo.
Il nuovo paradigma di Putin mette in crisi le strategie militari dalla Seconda Guerra Mondiale in poi ma mette in crisi anche il tradizionale pacifismo.
Fino a ieri chiedere o invocare la pace significava riconoscere i diritti degli aggrediti e la necessità di fermare gli aggressori. Oggi a parole si continua a manifestare con le stesse bandiere ma in realtà si ammette che il diritto alla resistenza di un popolo aggredito si ferma sulla porta della minaccia di un allargamento del conflitto, "meglio servi di Putin ma vivi, che liberi ma morti".
E' uno scenario nuovo, inedito, angoscioso su cui siamo chiamati a riflettere senza slogan e senza vecchie certezze. Con le bombe a pochi chilometri dai confini dell'Unione Europea e della NATO, con milioni di profughi che ci chiedono riparo e conforto.
Sempre che ce ne sia dato il tempo.