CORONAVIRUS, ITALIA: 631 morti, dati e previsioni aggiornate Il numero dei decessi nella giornata del 10 marzo e' stato di 168, l'incremento maggiore su base giornaliera, e purtroppo in linea con le previsioni del modello che calcolavano 648 casi di morte, 631 reali ___________________ "Abbiamo adottato una nuova decisione che si basa su un presupposto. Tempo non ce n'e'. I numeri ci dicono che stiamo avendo una crescita importante dei contagi, delle persone ricoverate in terapia intensiva e subintensiva e ahime' anche delle persone decedute. Le nostre abitudini quindi vanno cambiate. Vanno cambiate ora. Ho deciso di adottare subito misure ancora piu' stringenti, piu' forti". .. "Sto per firmare un provvedimento che possiamo sintetizzare come 'io resto a casa'. Non ci sara' piu' una zona rossa nella penisola. Ci sara' l'Italia zona protetta". Giuseppe Conte primo ministro designato dalla sorte a portare la croce del coronavirus annuncia il provvedimento che dichiara tutta l'Italia zona rossa, un luogo unico dove in pratica tutto restera' fermo e sospeso per un tempo necessario, indefinito perche' subordinato alla scomparsa del coronavirus SARS-COV-2 sul territorio italiano. Giuseppe Conte fino all'ultimo evita di ammettere che la situazione e' fuori controllo. Definisce "importante", anziche' "esponenziale" la crescita dei contagi, nel tentativo di negare la matematica cinica del numero dei morti e dei contagi, che poche ore prima indicavano 463 morti e 10000 contagiati. Anziche' "zona rossa" preferisce il termine "protetta", cosi' ci illuderemo di essere protetti e sotto il tetto di casa, assistiti dalle cure amorevoli di chissachi'. "Sono pienamente consapevole della gravita' e della responsabilita'", spiega Conte. "Non possiamo permetterci di abbassare la guardia. E' il momento della responsabilita' e tutti l'abbiamo. Voi cittadini tutti con me. La decisione giusta oggi e' di restare a casa. Il futuro nostro e' nelle nostre mani". E poi il mezzo passo indietro, la confusione sulle misure pratiche per garantire che i cittadini stiano a casa e non siano costretti ad andare a lavoro, in un'Italia dove la condizione di precariato ricatta milioni di lavoratori. "Non e' all'ordine del giorno una limitazione dei trasporti pubblici, per garantire la continuita' del sistema produttivo e consentire alle persone di andare a lavorare", precisa Conte. Sara' possibile "l'autocertificazione" per la giustificazione degli spostamenti, "ma se ci fosse una autocertificazione non veritiera ci sarebbe un reato". Giuseppe Conte poteva passare alla storia come il Presidente del Consiglio "decisionista" e risoluto nella battaglia contro il nemico invisibile che dilaga nel mondo, e invece ha scelto il profilo incerto di chi preferisce stare un metro indietro rispetto alle necessita'. Che in questo momento impongono al governo e alle istituzioni politiche di bloccare tutto, soprattutto trasporti e aziende, pubblici e privati, tranne quelli che servono ad assicurare i servizi e i beni di prima necessita'. Ci si puo' consolare che a meno di 48 ore dal precedente decreto che bloccava solo una parte pur grande del paese, creando mezze misure e scarsi risultati nel contenimento dell'epidemia di coronavirus, ora c'e' un quadro nazionale omogeneo dentro il quale introdurre eventualmente ulteriori misure. Da oggi 10 marzo 2020, l'Italia inizia un percorso sconosciuto ma decisivo per la sopravvivenza di migliaia di persone e per l'esistenza stessa della comunita' nazionale. E' inutile negare che siamo tutti storditi, increduli, angosciati di fronte a quello che ci sta accadendo. Anche chi all'inizio ostentava sicurezza e minimizzava "e' solo un'influenza" ha dovuto ricredersi. La pandemia e' nei fatti, nelle cronache di tutti i mass media del mondo, e solo la criminale complicita' di OMS, Cina e Stati Uniti, impedisce di proclamarla per paura di ammettere la realta'. Noi cittadini normali, ne' eroi ne' fessi, sappiamo gia' da molti giorni che la verita' e' necessaria per affrontare il dilagare dell'epidemia. Pensare di minimizzare e nascondere non serve a nulla e a nessuno. Le rivolte scoppiate nelle carceri dal nord al sud sono un sintomo del possibile caos sociale che si trascina dietro l'epidemia di coronavirus. Un caos causato non dalla irresponsabilita' dei cittadini ma dalla condotta opaca della politica, non dalla verita' delle notizie ma dal sentito dire su una bozza di decreto che i politici si rimpallavano l'uno con l'altro. In Cina hanno aspettato due mesi prima di prendere decisioni drastiche che non sono valse a risparmiare la vita di migliaia - il numero vero non lo sapremo mai - di persone. In Italia avremmo potuto fare esperienza dei tragici errori del regime di Xi Jinping e avere meno incertezze nell'agire di conseguenza. Ora e' il momento di starsene a casa, a riflettere e capire che non dobbiamo avere paura di avere paura, se questa ci fa essere piu' realisti e prudenti. Siamo solo al secondo giorno post decreto coronavirus, ne mancano ancora per vedere la fine del tunnel.