Finora, al mattino di domenica 24 ottobre, l'unica voce italiana che si è espressa sul caso dei 10 ambasciatori di paesi occidentali, in gran parte europei, espulsi dalla Turchia per ordine di Erdogan dopo una dichiarazione per la liberazione di Osman Kavala, è quella di David Sassoli, Presidente del Parlamento Europeo.
"L'espulsione di dieci ambasciatori è un segno della deriva autoritaria del governo turco. Non saremo intimiditi. Libertà per Osman Kavala" ha twittato David Sassoli, giornalista in politica per conto del Partito Democratico.
Le istituzioni italiane invece tacciono. Tace la Farnesina di Luigi Di Maio. Tace Palazzo Chigi di Mario Draghi. Un silenzio imbarazzante, tanto più su un terreno che coniuga i valori della libertà, della democrazia e dell'Europa.
Tra i firmatari dell'appello per la liberazione di Osman Kavala ci sono gli ambasciatori di Francia e Germania, oltre a quelli di Stati Uniti, Canada, Finlandia, Danimarca, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Norvegia e Svezia ma non quello italiano, nella persona di Massimo Gaiani, a cui pure era stato richiesto di aderire nei primi giorni di ottobre.
L'ambasciatore Gaiani si è ovviamente consultato con il ministro degli Esteri Di Maio, il quale a sua volta ha interpellato il presidente del Consiglio Mario Draghi. Alla fine della giostra il governo italiano ha deciso di tenersi fuori dall'iniziativa dei 10.
Torna alla mente l'episodio della grave "scortesia" di Erdogan verso Ursula von der Leyen, a cui era stata negata una sedia, in quanto donna, durante un incontro diplomatico nell'aprile scorso.
In quel caso Mario Draghi aveva criticato il gesto del "sultano" turco solo dopo che un giornalista aveva posto la questione durante una conferenza stampa, ma aveva giustificato la voce bassa italiana: “Con questi chiamiamoli dittatori bisogna essere franchi nell’espressione della visione della società ma pronti a cooperare per gli interessi del Paese. Bisogna trovare l’equilibrio giusto”.
Erdogan comunque si offese molto per l'etichetta di dittatore e convocò l'ambasciatore Gaiani minacciando l'Italia.
Minacce che sembrano aver sortito il loro effetto, visto che il governo italiano non si è associato agli altri paesi nella richiesta di liberazione di Osman Kavala, anche a seguito della sentenza della CEDU, Corte Europea dei Diritti Umani, mentre da parte sua
Il dittatore turco Erdogan non collabora e cerca lo scontro
"L'equilibrio giusto", evocato da Mario Draghi nei confronti del dittatore turco, ha consigliato in questo caso di tacere, per non compromettere gli "interessi nazionali" ed evitare che la lista degli assenti al prossimo G20 di Roma si allungasse, dopo le sedie vuote annunciate da altri due dittatori di grosso calibro, Xi Jinping e Putin.
Anche la stampa italiana, Corriere della Sera in testa, su "consiglio" della presidenza del Consiglio, ha relegato l'espulsione degli ambasciatori occidentali a notiziola di cronaca minore.
Ci siamo dimenticati che "con questi chiamiamoli dittatori bisogna essere franchi nell’espressione della visione della società".
Resta solo la cooperativa. Per gli interessi del Paese.
Statement on Four Years of Osman Kavala’s Detention
Today marks four years since the ongoing detention of Osman Kavala began. The continuing delays in his trial, including by merging different cases and creating new ones after a previous acquittal, cast a shadow over respect for democracy, the rule of law and transparency in the Turkish judiciary system.
Together, the embassies of Canada, France, Finland, Denmark, Germany, the Netherlands, New Zealand, Norway, Sweden and the United States of America believe a just and speedy resolution to his case must be in line with Turkey’s international obligations and domestic laws. Noting the rulings of the European Court of Human Rights on the matter, we call for Turkey to secure his urgent release.