Il 9 giugno del 2020 veniva pubblicato sul sito dell'Ospedale San Raffaele di Milano un articolo che riassumeva i risultati di una prima sperimentazione di una cura della malattia COVID-19, utilizzando la colchicina.
Erano passati 5 mesi dallo scoppio della pandemia, tutto il mondo era disperatamente in lockdown e i vaccini erano un obbiettivo da realizzare entro fine 2020 per poi iniziare nel 2021. L'ipotesi di un farmaco anti Covid avrebbe dovuto far fare salti di gioia e riempire le cronache dei giornali ...
Della colchicina si era già sentito parlare nel mese di aprile perchè in alcuni ospedali, se non ricordo male a Parma, si era già ventilata l'ipotesi di somministrarla e verificarne gli effetti sui pazienti infettati dal SARS-CoV-2.
La colchicina è un estratto naturale, un potente antinfiammatorio, conosciuto e utilizzato fin dall'antico Egitto, e prescritto ai malati di gotta e nei trattamenti di pericardite. E inoltre costa molto poco, viene prescritto dal medico di base ed è di ampia reperibilità nelle farmacie.
Se davvero funziona per combattere Covid 19 sarebbe una notizia meravigliosa, vista dalla parte dei cittadini di tutto il mondo.
Ma se la vedete dalla parte delle case farmaceutiche sarebbe un vero disastro, perchè renderebbe molto meno necessario il ricorso alla vaccinazione rapida, di massa e continua negli anni, con cui le grandi aziende farmaceutiche ricattano i sistemi sanitari e i governi. Farebbe sfumare di parecchie decine di miliardi di euro i loro profitti.
Colchicina e COVID-19: lo studio del San Raffaele sui pazienti ad elevato rischio
PUBBLICATO IL 09 GIUGNO 2020
I medici del San Raffaele mostrano per la prima volta la sicurezza e l’efficacia della molecola antinfiammatoria colchicina nel trattare precocemente pazienti Covid-19.
https://www.hsr.it/news/2020/giugno/colchicina-coronavirus
L’efficacia dei trattamenti nei pazienti Covid-19 dipende anche, e soprattutto, dalla precocità della loro somministrazione.
Ecco perché i medici dell’IRCCS Ospedale San Raffaele hanno deciso di intervenire somministrando a domicilio la colchicina, una molecola con effetti antinfiammatori nota fin dall’antichità, per intercettare e spegnere la risposta infiammatoria scatenata dal nuovo coronavirus nelle primissime fasi della malattia.
§§§
Ma nonostante il disinteresse dei governi e della finanza, la sperimentazione della colchicina viene avviata in diversi paesi del mondo da medici e ricercatori volenterosi.
La colchicina può avere un potenziale terapeutico contro il COVID-19 - scrive la Dott.ssa Liji Thomas che in un articolo descrive i risultati di una ricerca pubblicata su
https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2021.01.26.21250494v1
Contro la portata della morbilità e della morte causata dalla pandemia di coronavirus (COVID-19), l'urgenza di identificare farmaci e altre misure che riducono questi esiti avversi è enorme.
Un nuovo studio - che coinvolge un team internazionale di ricercatori provenienti da Canada, Stati Uniti e Brasile - descrive i risultati della colchicina nel mitigare la tempesta infiammatoria associata al COVID-19, illustrando il potenziale del farmaco per prevenire una percentuale di casi gravi e critici.
...
L'antinfiammatorio ideale in questo ambiente sarebbe quello che è prontamente disponibile, economico e somministrato per via orale, con un buon profilo di sicurezza, ben tollerato, e che previene o modula l'attivazione infiammabile. I ricercatori hanno selezionato la colchicina per il loro studio.
La colchicina è un potente agente antinfiammatorio usato per trattare gotta, malattia coronarica, pericardite virale e febbre mediterranea familiare. È stato scoperto che agisce prevenendo la polimerizzazione della proteina chiamata tubulina, inibendo così l'attivazione infiammabile, le chemiochine proinfiammatorie e le molecole di adesione cellulare.
In un precedente esperimento, la colchicina è stata trovata per prevenire l'attivazione e il reclutamento di leucociti, e quindi ridurre le lesioni polmonari infiammatorie e l'insufficienza respiratoria, nella sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS).
Dettagli dello studio
Nello studio attuale, chiamato colchicina CORONAvirus SARS-CoV-2 (COLCORONA), i ricercatori hanno studiato quasi 4.500 pazienti non ricoverati con COVID-19 che sono stati assegnati casualmente alla colchicina o al placebo per 30 giorni. Tutti avevano 40 anni o più e avevano una o più caratteristiche ad alto rischio come febbre, diabete, malattie coronarica, obesità, malattie respiratorie conosciute o un alto numero di neutrofili accompagnato da un basso numero di linfociti. Tutto era stato diagnosticato con uno dei tre metodi seguenti: test di reazione a catena della polimerasi su un tampone nasofaringeo, stretto contatto con un membro positivo della famiglia insieme a sintomi sospetti, o da un algoritmo clinico se i sintomi erano presenti senza altra causa ovvia.
....
I ricercatori hanno scoperto che il 4,7% dei pazienti del gruppo della colchicina è morto o è stato ricoverato in ospedale, contro il 5,8% del gruppo placebo. Le probabilità di entrambi i risultati sono state quindi inferiori del 21% nel gruppo sulla colchicina. Le probabilità di morte erano inferiori del 44% e per il ricovero in ospedale del 21%. Le probabilità di richiedere ventilazione meccanica erano inferiori del 47%. Nessuna di queste probabilità era statisticamente significativa.
Del gruppo totale, circa 4.100 pazienti erano stati diagnosticati da test PCR. Questo sottogruppo ha mostrato una significativa riduzione delle probabilità di ricovero o decesso del 25%, nonché solo per il ricovero ospedaliero del 25%. Le probabilità di morte hanno mostrato una tendenza alla riduzione del 44%. La necessità di ventilazione meccanica ha anche mostrato una tendenza verso quote più basse nel gruppo colchicina, del 50%.
Nel complesso, gli eventi avversi gravi sono stati più bassi nella frequenza nel gruppo colchicina rispetto al gruppo placebo, rispettivamente al 5% e al 5%. I tassi di eventi avversi legati all'uso della colchicina e del placebo erano rispettivamente del 24% e del 16% circa. Gravi eventi avversi gastrointestinali si sono verificati almeno una volta in quasi un quarto e il 15% dei pazienti del gruppo di trattamento e controllo, rispettivamente. La diarrea è stata segnalata nel 14% nel gruppo colchicina, il doppio di quella dei controlli.
Quali sono le implicazioni?
Lo studio mostra quindi una tendenza verso tassi più bassi di morte e ospedalizzazione a causa del COVID-19 entro 30 giorni dall'inizio della colchicina. Il sottogruppo all'interno del quale la diagnosi è stata fatta sulla base della PCR ha mostrato una riduzione statisticamente significativa dell'endpoint primario. Anche il trattamento con colchicina ha ridotto i ricoveri.
La colchicina è stata associata ad una riduzione statisticamente insignificante del numero di decessi e ad una forte tendenza verso un minore fabbisogno di ventilazione meccanica in questo sottogruppo. Negli uomini, e nei pazienti diabetici, c'è stata una forte tendenza verso una riduzione del 40% dei decessi combinati e dei ricoveri ospedalieri. Ciò potrebbe essere stato causato dal più alto tasso di eventi correlati alla malattia in questi gruppi.
Lo studio suggerisce che "tra i pazienti non ricoverati con COVID-19 confermato, la colchicina ha portato a un tasso inferiore del composto di morte o ricovero in ospedale rispetto al placebo".
§§§
https://www.sanitainformazione.it/omceo-enti-territori/covid-19-comitato-cure-domiciliare-chiede-ad-aifa-e-ministero-di-sperimentare-colchicina-e-ivermectina/
13 Febbraio 2021
Covid-19, Comitato cure domiciliari chiede ad Aifa e Ministero di sperimentare Colchicina e Ivermectina
Il Comitato chiede inoltre di considerare lo schema terapeutico domiciliare inviato lo scorso 13 gennaio. In caso di mancato ascolto è pronto a presentare un esposto «per le reiterate omissioni»
Un invito a condividere lo schema terapeutico di cura domiciliare, redatto da oltre 200 medici e specialisti italiani, e un ulteriore invito a stilare un protocollo univoco di cura secondo le evidenze e le esperienze dei territori, nonché invito a sperimentare, con urgenza, Ivermectina e Colchicina, con riserva di ogni azione. Lo ha inviato il “Comitato per il diritto alla cura tempestiva domiciliare nell’epidemia di Covid-19” presieduto dall’avvocato Erich Grimaldi all’AIFA, al Ministero della Salute e alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
«Il nostro Paese, come ben noto, non dispone di un adeguato protocollo, condiviso con i medici che hanno curato, a domicilio ed in fase precoce questa malattia, sia in prima che in seconda ondata. L’istante comitato, in data 13 gennaio 2021, Vi invitava, invano, a considerare uno schema terapeutico di cura domiciliare precoce, realizzato da oltre duecento medici, secondo le evidenze e le esperienze dei territori, condiviso anche negli Stati Uniti dal dr. Harvey Risch, e dal dr. Peter A. McCullough» si legge nell’istanza del Comitato che è pronto, in caso non venga ascoltato, a depositare un esposto presso la competente Procura della Repubblica, «al fine di poter accertare le responsabilità penali di tutte le parti coinvolte, per le reiterate omissioni, circa gli inviti e le istanze più volte rivolte, a tutela dei cittadini italiani».
Dettagliati i riferimenti relativi alla Colchicina: «L’istante Comitato, altresì, ancora una volta, rileva che alcuni studi osservazionali e randomizzati impongono al nostro Paese, in assenza di valide alternative terapeutiche, in fase precoce, di dover valutare, con urgenza, anche la sperimentazione di Ivermectina e Colchicina. Il trial Colcorona evidenziava che la colchicina, somministrata a pazienti non ospedalizzati, ha ridotto i ricoveri del 25%, il ricorso alla ventilazione meccanica del 50% e il tasso di mortalità del 44%. Colcorona è uno studio clinico controllato randomizzato, in doppio cieco, cioè né gli oltre 4mila pazienti Covid coinvolti né il team di ricerca sapeva a chi fosse stato somministrato davvero il farmaco e a chi invece il placebo. All’inizio della sperimentazione, svolta tra Canada, Stati Uniti, Brasile, Spagna e Sudafrica, i pazienti non erano ospedalizzati ma presentavano almeno un fattore di rischio per complicanze di Covid-19. La Colchicina, peraltro, è un farmaco usato da decenni per il trattamento di infiammazioni provocate dall’accumulo di acido urico (gotta), ma anche in cardiologia, per curare pericarditi e prevenirne le recidive. Si tratta, dunque, di una sostanza ben conosciuta che può essere utilizzata in sicurezza dal medico, con costi contenuti».
Secondo il Comitato i suddetti farmaci Ivermectina e Colchicina, dunque, potrebbero rappresentare un’arma in più contro il Covid-19, in fase precoce domiciliare «motivo per cui è opportuno (come chiarito anche dal Consiglio di Stato, nella recente ordinanza dell’11 dicembre 2020, con riferimento all’HQC), sino alla pubblicazione di studi randomizzati, che possano dichiararne l’inefficacia, sperimentarne l’uso off-label in condizioni di sicurezza ed appropriatezza».
Il Comitato «invita Aifa e Ministero della Salute a considerare lo schema terapeutico inviato in data 13 gennaio 2021, condividendolo con le aziende sanitarie territoriali e con i medici di medicina generale ed, in ogni caso, ancora una volta, a stilare, con urgenza, un protocollo univoco di cura domiciliare da condividere con le esperienze e le evidenze dei territori e considerare la sperimentazione, in fase precoce, dell’Ivermectina, come da studi di seguito riportati, nonché della Colchicina».