Non è una notizia di cronaca. Due ragazze di 17 anni e tre ragazzi di 21 anni muoiono nello schianto dell'auto su cui viaggiavano nel cuore della notte alle porte di Roma. Un sesto giovane è in fin di vita.
Non è una notizia di cronaca ma il racconto tragicamente rinnovato di due situazioni umane.
Quella dei giovani che hanno la voglia e il diritto di prendersi la vita a 20 anni senza temere la morte, e quella dei loro genitori che cercano di scacciare l'incubo che li soffoca di notte, non vedere tornare a casa i loro figli, cercarli e sapere che sono morti per un "tragico fatale incidente".
Nella vita mi è toccato confrontarmi con quest'incubo che diventa realtà, diverse volte, sia nella parte del giovane ventenne che assiste alla tragica scomparsa dei propri coetanei, sia in quella del genitore che teme per la sorte dei propri figli, per una evento imprevedibile.
Nel primo caso si viene sbalzati violentemente in una dimensione sconosciuta e tragica, quella del sopravvissuto che si trova anzitempo a meditare sulla possibilità di morire prima ancora di aver cercato di capire cosa sia la vita e cos'è la morte.
La scoperta diventa angosciosa, anche se in parte sollevati dal sapere di essere sopravvissuto.
Quando sei genitore invece vivi l'angoscia quotidiana, giorno dopo giorno e anno dopo anno. Pur sapendo che i tuoi figli sono assennati e avvisati dei pericoli a cui possono andare incontro, sai benissimo che la sorte maligna, l'incidente imprevisto o semplicemente la condizione di essere giovani con tanta voglia di vivere e scoprire, li espone al rischio.
La morte può accadere in qualsiasi momento della vita di un essere umano, ma per un genitore che ha già messo in conto di poter cedere la propria, quella di un figlio è inaccettabile.
E' un incubo che si può attenuare ma non scacciare del tutto.
"lunga e diritta correva la strada, l'auto veloce correva...". Cinque ragazzi morti, all'improvviso tutt'insieme.
Non è una notizia di cronaca ma un'angoscia esistenziale tragicamente rinnovata.