Haiti è talmente povera da essere insignificante perfino per coloro che si occupano di povertà nel mondo.
La notizia dell'uccisione del suo presunto presidente Jovenel Moïse, assassinato nella sua abitazione da un commando di mercenari venuti da chissà dove e pagati da chissà chi, ha fatto fatica ad emergere nelle cronache internazionali.
Haiti è una prigione-inferno per undici milioni di individui e l'assalto armato all'abitazione di Port-au-Prince del suo presidente (la moglie è in fin di vita) non ha destato particolare stupore.
Ad Haiti tutto è incerto e caotico, persino chi sia il legittimo reggente dopo la morte di Moise. Il primo ministro ad interim Claude Joseph si è autoproclamato per assumere i pieni poteri, ma due giorni prima di essere ucciso Moise aveva nominato come primo ministro un altro, il dottore Ariel Henry, che però non ha fatto in tempo ad espletare l'iter burocratico della nomina.
Quindi Haiti è senza presidente, senza primo ministro, con una popolazione affamata e arrabbiata, e tanti interessati a farla marcire ancora nella povertà
da The Haitian Times
Da quando è entrato in carica nel 2017, Moïse è stato assalito da proteste popolari contro la corruzione. Ma l'attacco ben finanziato, secondo l'opinione popolare, significa che un individuo o un gruppo di persone benestanti deve aver voluto Moïse morto.
"Non meritava di morire, ha cercato di aiutare la popolzione", ha detto Maelle Jean, 43 anni, parrucchiera, riferendosi ai piani di Moïse per portare elettricità affidabile ad Haiti. "Tutto ruota intorno ai soldi".
Moïse si è fatto anche dei nemici tra noti leader politici e aziendali, tra cui l'imprenditore Dimitri Vorbe, l'avvocato Andre Michel e il leader politico e magnate Pierre Reginald Boulos. Tuttavia, Boulos ha affermato che l'opposizione politica non aveva la capacità di assassinare il presidente.
"Non credo che l'opposizione oggi avrebbe la capacità di portare a termine una missione così ben organizzata", ha detto Boulos in un'intervista esclusiva con The Haitian Times.
Molti nella diaspora come Dahoud Andre, che quest'anno ha guidato le proteste contro Moïse a New York City, non avevano simpatie per il presidente morto. Andre, che gestisce un gruppo chiamato Comitato per la mobilitazione contro la dittatura ad Haiti, ha affermato che il governo di Moïse è stato illegittimo, senza un mandato del popolo.
"Crediamo che fosse un burattino che lavorava per gli Stati Uniti [e] il Core Group, i nemici di Haiti", ha detto Andre.
per chi volesse in poco tempo farsi un'idea della incredibile e martoriata storia di Haiti, attraversata dalla lunga dittatura della famiglia Duvalier, segnalo questo articolo di Al Jazeera
Tre anni fa Donald Trump definì Haiti "shithole", come altri paesi africani e centroamericani da cui provenivano immigrati clandestini diretti negli Stati Uniti.
Una cinica dichiarazione di disprezzo nello stile trumpiano.
Dopo la vittoria di Joe Biden qualcosa sembra essere cambiato
da l'Internazionale
il 10 dicembre 2020 il dipartimento del tesoro degli Stati Uniti ha annunciato che imporrà una serie di sanzioni contro tre persone chiave del governo, due funzionari e il capo di una banda. I loro beni negli Stati Uniti saranno congelati e non potranno avere il visto.
La decisione colpisce al cuore la presidenza di Moïse, ormai diventata un’alleanza tra un potere autoritario e le bande criminali, con lo scopo di terrorizzare la popolazione e reprimere le mobilitazioni sociali che negli ultimi due anni non si sono mai fermate.
Le sanzioni riguardano uno dei peggiori massacri nella storia recente di Haiti, avvenuto il 13 novembre 2018 a La Saline, una baraccopoli della capitale Port-au-Prince. Quel giorno 71 persone sono state uccise a colpi di machete, ascia o arma da fuoco. Undici donne hanno subìto uno stupro collettivo, mentre decine di persone sono state ferite. Alcuni corpi sono stati gettati in una discarica, mentre gli altri sono stati bruciati o smembrati. Quattrocento case sono state distrutte.
La popolazione di La Saline era stata molto attiva nelle manifestazioni di protesta e il regime aveva deciso di punirla. Il dipartimento del tesoro ha confermato i risultati delle inchieste condotte dall’Ufficio per i diritti umani della missione delle Nazioni Unite e dalle associazioni haitiane per la difesa dei diritti umani.
Dichiarazione esplicita
Nel suo rapporto, il dipartimento del tesoro spiega che “l’architetto” della carneficina è il “rappresentante dipartimentale del presidente Jovenel Moïse”, un certo Joseph Pierre Richard Duplan. La pianificazione e l’organizzazione del massacro sono state fatte dal direttore generale del ministero degli interni e degli enti locali, Fednel Monchéry. Gli omicidi sono stati compiuti con l’aiuto di bande armate da Jimmy Cherizier, un ex funzionario della polizia nazionale e oggi potente capo banda di Port-au-Prince. Duplan e Monchéry hanno fornito armi da fuoco, veicoli e uniformi della polizia ai componenti delle bande.
Particolare marginale: Jovenel Moïse, presidente della Repubblica delle Banane di Haiti, era proprietario di aziende di produzione e commercio delle banane.