aggiornamento 1 gennaio 2024 -
L'opzione migliore per Gaza sarebbe che i palestinesi migrassero volontariamente in altri paesi, lasciando solo una piccola minoranza araba che sostiene Israele. Se a Gaza resteranno solo 100.000 o 200.000 arabi e non 2 milioni, l'intera conversazione sul ' giorno dopo ' sarà diversa.
E' la dichiarazione rivelatrice di Smotrich, ministro delle Finanze nel governo Netanyahu, che dirige il Partito Sionista Religioso.
Per realizzare questo obbiettivo si è mobilitato anche Tony Blair, ex primo ministro inglese e da tempo diventato un faccendiere diplomatico internazionale al servizio di interessi "sovranazionali" ovvero molto opachi.
Blair si è recato in Israele a fine anno per discutere con Netanyahu del "progetto di sfollamento dei palestinesi di Gaza", ovvero la "pulizia etica" dell'enclave palestinese e la migrazione forzata di circa 2 milioni di palestinesi in paesi "amici" di Israele. Regia di Tony Blair.
Ogni giorno che passa, e sono passati già quasi 3 mesi, nell'inferno della Striscia di Gaza, guardando le immagini di morte, di distruzione materiale e morale, viene da chiedersi: ma che altro c'è da distruggere ancora a Gaza? quale casa, scuola, ospedale, piazza non è stata ancora bombardata?
Immaginate una guerra in cui più dell'1% della popolazione viene sterminata. Ad esempio negli Stati Uniti i morti sarebbero quasi 4 milioni, nell'Unione Europea sarebbero 6 milioni.
A Gaza Israele ha ucciso 25 mila civili e più di 60 mila feriti, su una popolazione di circa 2,1 milioni di abitanti. Fate voi le proporzioni.
Eppure i vertici militari e politici di Israele continuano a dire che la guerra contro Gaza sarà ancora lunga ci vorranno altri mesi per raggiungere gli obbiettivi. Quali?
Quello che vanno ripetendo i vari Netanyahu, Benny Ganz, il ministro della Difesa Gallant o il generale Halevi a tre mesi dal 7 ottobre è sempre lo stesso leit-motiv: annientare Hamas e uccidere Yahya Sinwar, suo fratello Muhammad Sinwar, Muhammad Deif e qualche altro esponente delle Brigate Qassam; liberare gli ostaggi detenuti da Hamas che, al netto dei morti e degli scambi, dovrebbero essere circa 120.
Che Israele possa raggiungere questi due obbiettivi sulla scia di quanto visto finora, non ci crede nessuno nemmeno a Tel Aviv. Distruggere Hamas è un'impresa che non si limita all'uccisione di tutte le sue milizie dentro la Striscia di Gaza ma implicherebbe la totale scomparsa dell'apparato politico amministrativo che si trova all'estero, nel Qatar in Libano o in Turchia, paesi a cui Israele non può fare la guerra.
Per eliminare Hamas, che paradossalmente è una creatura ventennale di Netanyahu, sarebbe necessario dare dignità alla Palestina e ai palestinesi, dare una soluzione pacifica al problema dei due popoli, ovvero creare le condizioni opposte a quello che Israele sta facendo.
Solo gli stupidi o i criminali possono immaginare una soluzione militare al problema palestinese. Stupidi e criminali che nell'attuale governo Netanyahu abbondano, ben oltre la figura cattiva di Ben Gvir.
Anche l'obbiettivo di liberare gli ostaggi e riportarli tutti vivi alle loro famiglie non si persegue certo con i bombardamenti a tappeto e i carri armati tra le macerie di Gaza. Come dimostra l'uccisione di tre ostaggi cittadini israeliani da parte delle truppe dell'IDF che li avevano scambiati per terroristi nonostante sventolassero la bandiera bianca.
Israele non vuole negoziare la liberazione degli ostaggi, vuole che Hamas li lasci liberi in cambio di nulla. Se così non è, Israele ha già messo in conto la morte di tutti gli ostaggi e verrebbe da pensare che per Netanyahu sarebbe la soluzione migliore per giustificare altre atrocità contro la popolazione palestinese, sia a Gaza che in Cisgiordania.
Perchè il vero unico obbiettivo di Netanyahu e della destra israeliana, tangibile fin dalle prime ore dopo la barbara strage dei kibbutz del 7 ottobre, è quello di eliminare fisicamente la metà della popolazione palestinese di Gaza, costringendola ad una catastrofe umanitaria di proporzioni bibliche che convinca gli abitanti a sfollare verso altri paesi, l'Egitto o ancora meglio l'Europa.
La catastrofe umanitaria per i i 2,2 milioni di abitanti di Gaza NON è un effetto collaterale della guerra di Israele contro Hamas. E' l'effetto principale e voluto di una strategia criminale attuata da venti anni da Netanyahu e dal blocco politico-religioso che rappresenta, grazie anche alla complicità dei palestinesi di Hamas.
Cacciare i palestinesi, occupare le loro terre con altri insediamenti di coloni, disperdere la popolazione per impedirne la continuità etnica.
Per Netanyahu la cacciata dei palestinesi dalle loro terre è la soluzione definitiva al millenario conflitto tra le sponde del Giordano e le spiagge del Mediterraneo.
Distruggere tutto, affamare la popolazione per un lungo tempo, creare un inferno per i sopravvissuti, significa costringere la popolazione sopravvissuta a fuggire via da Gaza, chiudere le porte e fare in modo che non torni mai più.
Netanyahu e i vertici israeliani hanno più volte alluso a questa "soluzione" che in realtà è a metà strada tra la pulizia etnica e il genocidio. E' un calcolo criminale a cui pochi sembrano opporsi. Quando il segretario dell'ONU ha paventato questa ipotesi per respingerla è stato sommerso dalle violente critiche israeliane e dal silenzio dei paesi occidentali. Segno che Israele ritiene che l'occupazione di Gaza per creare le condizioni del suo sfollamento sia diplomaticamente fattibile, oltre che militarmente.
In realtà è un vicolo cieco, una spirale di violenza senza vederne la fine, una spirale che può avvolgere anche il resto del Medio Oriente, che finora ha mantenuto un atteggiamento guardingo e opportunista sulla guerra di Gaza.
L'Iran spera che Israele prolunghi la guerra di Gaza fino al momento in cui Teheran potrà annunciare di avere a disposizione una bomba atomica per distruggere Tel Aviv. Nel frattempo utilizza le bande di Houthi dell'inferno di Yemen per abbaiare contro gli USA e l'Europa.
in aggiornamento
corriere.it - Il Sudafrica avvia una causa di genocidio contro Israele presso la Corte internazionale di giustizia delle Nazioni Unite
Il Sudafrica ha avviato una causa contro Israele presso la Corte internazionale di giustizia delle Nazioni Unite (ICJ), accusando lo Stato di aver commesso un genocidio nella sua campagna militare a Gaza. Israele ha risposto alle accuse «con disgusto», sollecitando l’ICJ a respingerlo. È probabile che qualsiasi caso presso a Corte internazionale di giustizia delle Nazioni Unite richieda anni per essere risolto, ma il Sud Africa ha chiesto che la corte si riunisca nei prossimi giorni per emettere «misure provvisorie», sollecitando un cessate il fuoco. Nel marzo 2022, l’ICJ ha ordinato alla Russia di fermare la sua offensiva in Ucraina — un ordine che avrebbe dovuto essere giuridicamente vincolante —, ma Mosca lo ha comunque ignorato. Qualsiasi decisione di questo tipo, tuttavia, rischia di influenzare in modo significativo l’opinione pubblica internazionale.
«Gli atti e le omissioni di Israele lamentate dal Sud Africa hanno carattere genocida perché sono intesi a provocare la distruzione di una parte sostanziale del gruppo nazionale, razziale ed etnico palestinese», si legge nella richiesta sudafricana di apertura del procedimento. «In questo caso sono necessarie misure provvisorie per proteggere da ulteriori, gravi e irreparabili danni ai diritti del popolo palestinese ai sensi della Convenzione sul genocidio, che continuano a essere violati impunemente». L’articolo IX della Convenzione sul genocidio consente a qualsiasi Stato parte della convenzione di portare una causa contro un altro dinanzi all’ICJ, anche se non ha alcun collegamento diretto con il conflitto in questione.
L’anno scorso, la corte ha stabilito che il Gambia poteva avanzare un’accusa di genocidio contro il Myanmar. La corte ha anche stabilito in un caso tra Croazia e Serbia che privare un popolo di cibo, alloggio, cure mediche e altri mezzi di sussistenza costituisce un atto genocida. «Si ritiene che l’intento genocida sia l’elemento più difficile da dimostrare, ma gli israeliani incaricati di portare avanti questo conflitto hanno rilasciato una serie di dichiarazioni che dimostrano facilmente l’intento necessario di “distruggere in tutto o in parte” la popolazione palestinese a Gaza», ha affermato Susan Akram, direttrice della clinica internazionale per i diritti umani dell’Università di Boston.
Come esempi, Akram ha citato il riferimento del ministro della difesa israeliano Yoav Gallant ai palestinesi di Gaza come «animali umani» e la successiva dichiarazione del maggiore generale dell’esercito israeliano Ghassan Alian secondo cui: «Gli animali umani devono essere trattati come tali. Non ci sarà né elettricità né acqua [a Gaza], ci sarà solo distruzione. Volevate l’inferno, otterrete l’inferno».