Ci sono volute tre settimane per ammettere quello che era evidente già poche ore dopo la strage.
Il 29 agosto scorso a Kabul, ancora scossa dal terribile attentato dell'ISIS che ha causato 170 morti, un drone americano sorvola le case di un quartiere popolare della capitale afghana e lancia un missile Hellfire uccidendo 10 cittadini di cui 7 bambini.
Il comando militare americano parla di un attacco preventivo, resosi necessario per scongiurare un altro attentato all'aeroporto. Nell'auto distrutta c'era almeno un terrorista.
Poi con il passare delle ore il numero delle vittime è cresciuto, quasi tutti bambini, prima 6 poi 7, ma erano "danni collaterali" all'obiettivo principale: impedire un attentato terroristico.
La ricostruzione di giornalisti indipendenti ha invece dimostrato che nessuna delle 10 vittime era collegata all'Isis o fosse in procinto di preparare attentati. Erano membri di due semplici e pacifiche famiglie che caricavano i loro bagagli sulle auto, forse per recarsi all'aeroporto alla ricerca di una possibilità di fuga dall'Afghanistan in mano ai Talebani.
Ieri il generale americano Kenneth McKenzie ha dovuto ammettere che è "altamente improbabile" che le 10 vittime fossero collegate all'Isis.
"Avendo esaminato a fondo i risultati dell'indagine e l'analisi di supporto da parte dei servizi di intelligence, sono ora convinto che i 10 civili, di cui sette bambini, siano stati tragicamente uccisi in quell'attacco", ha affermato McKenzie.
Il generale ha offerto “profonde condoglianze” alle famiglie delle vittime, sottolineando che l'attacco è stato compiuto con la “seria convinzione” che avrebbe impedito un imminente attacco all'aeroporto dove le forze americane stavano evacuando le persone.
Le scuse americane sono rituali e poco credibili, anche perchè non spiegano in che modo sia stato possibile cadere in un errore così clamoroso e di chi sia la responsabilità operativa della strage di civili con cui l'esercito degli Stati Uniti ha inteso pareggiare il conto con la strage compiuta dall'Isis pochi giorni prima.
Emal Ahmadi padre della piccola Malika, 3 anni, uccisa dal drone americano ha chiesto alle istituzioni internazionali di avviare una indagine indipendente per individuare e punire i responsabili della strage.
E' una richiesta più che legittima, a cui dovrebbero associarsi tutti i governi e le forze politiche che hanno a cuore la credibilità della giustizia, in Afghanistan come nel resto del mondo.
Perché la lotta al terrorismo e al fanatismo talebano non ammette due pesi e due misure nel giudicare le stragi di innocenti.
Le prime indagini giornalistiche hanno appurato che l'attacco ha preso di mira l'auto di Zemerai Ahmadi, un dipendente di lunga data di un'organizzazione umanitaria statunitense e hanno evidenziato la totale assenza di prove a sostegno dell'affermazione del Pentagono che il veicolo conteneva esplosivi.
Il missile ha colpito mentre l'auto stava entrando nel vialetto della famiglia e i bambini erano corsi a salutare Zemerai. Poi la strage.
Dieci vittime innocenti di un'assurda guerra che in venti anni ha fatto più di 300mila morti civili, molti dei quali anche loro vittime di "droni intelligenti" che scambiavano una festa di matrimonio con preparativi di attacco da parte dei talebani.
Agli americani non sono bastati venti anni di "tragici errori" per imparare a non uccidere più civili e bambini innocenti. Anche per questo sono dovuti scappare dall'Afghanistan.
Affiorano i tragici particolari della strage di bambini e civili afghani compiuta a Kabul da un drone americano a caccia di terroristi dell'ISIS
i.fan. - 31/08/2021